by Sergio Segio | 21 Giugno 2013 8:05
ROMA — Delusione. Paura. I mercati reagiscono male all’idea che il presidente della Federal Reserve americana possa chiudere il rubinetto della liquidità. Da Londra a Parigi, da Francoforte a Madrid cominciando a barcollare, inanellando un segno meno dietro l’altro: Milano da sola perde il 3%. In un giorno l’Europa brucia qualcosa come 230 miliardi. Lo spread fibrilla e con un balzo agguanta quota 290 per poi chiudere a 288: era a 270 solo 24 ore prime. Scende anche l’euro. Scende il petrolio. È un giovedì nero, non c’è dubbio. Il peggiore dal 2011. È l’”effetto Bernanke”. Da giorni i mercati s’aspettavano l’annuncio, già peraltro ventilato a maggio scorso con identico scompiglio. Ed è arrivato con tanto di tempistica: frenata a fine anno e stop nel 2014 del cosiddetto “quantitative easing” che ha pompato liquidità nell’economia americana e mondiale. Secondo Bernanke, se davvero la ripresa Usa si consolida producendo posti di lavoro, allora è meglio cambiare rotta e tornare alla normalità.
Ed è proprio questo che intimorisce i mercati. Come sempre nei momenti di paura, si guarda ai dati. Gli ultimissimi dicono che i segnali di miglioramento dell’economia Usa si cominciano a vedere: a giugno per esempio l’indice Fed di Philadelfia, che monitora l’attività manfatturiera americana, balza a quota 12,5 da meno 5,2 del mese prima, segnando il maggior rialzo degli ultimi due anni. Certo, al momento i sussidi alla disoccupazione crescono ancora e anche più del prestito. Ma i segni della cura Bernanke si vedono. Al tempo stesso però in Cina, un analogo sensore del comparto manufatturiero scende ai minimi degli ultimi nove mesi, segno che il colosso asiatico non gode più l’ottima salute di
una volta. Squilibri. Un domani incognito. Così da Tokyo parte la corsa al ribasso, che deflagra in Europa e plana anche negli States, pure ai minimi dell’anno. A fine giornata, il rally si chiude con un cimitero di perdite: Londra (-3%), Parigi (-3,3), Francoforte (-3,3), Madrid (-3,4). A Milano (-
3%) vanno subito a picco le banche, sensibili alle fluttuazioni dei titoli di stato, tutte con perdite ingenti, anche dell’8%. Ci sono titoli sospesi, un’ondata di vendite. Gli spread ricominciano a impazzire. Ci si interroga su cosa potrebbe accadere quando e se davvero dovesse venir meno la
rete di sicurezza stesa da Bernanke. Con un’attenzione in più anche alle indiscrezioni che danno il banchiere in probabile uscita, a gennaio. Anche la Bce, ovviamente, tiene d’occhio la situazione. Gli operatori guardano alle possibili contromosse allo studio del presidente Mario Draghi.
Per ora si sa solo che manterrà una politica monetaria “accomodante” finché necessario, secondo le sue parole dell’altro giorno. Mille le indiscrezioni sulle possibili “misure non convenzionali”: si parla di nuovi prestiti a lunghissimo termine alle banche, di diversi criteri sulle garanzie
oltre all’ipotesi di tassi negativi sui depositi degli istituti per incentivare i prestiti all’economia reale. Chissà. Bernanke intanto segna il suo percorso. Il Fondo monetario internazionale gli raccomanda il “calcolo dei tempi” per evitare “effetti distruttivi”.
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