La battaglia persa di Giuliano convertito all’Islam a Genova e ucciso in Siria al fianco dei ribelli

by Sergio Segio | 19 Giugno 2013 7:44

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GENOVA — C’era qualcosa di strano e insieme di buffo, quando li vedevi camminare insieme nel centro storico genovese. Il figlio era un ragazzone alto con la lunga barba nera e la veste araba fino alle caviglie, uno zucchetto bianco sulla nuca. Aveva l’aria grave e lo sguardo ispirato, diritto. Ma con quell’abito e quel tono sembrava fuori posto, innaturale. Il padre accelerava il passo, per stargli dietro. Poi un giorno nei carruggi dell’angiporto li hanno persi di vista, e il papà Carlo, un ex manager dell’Eni ha spiegato agli amici: «Il mio Giuliano è andato ad aiutare chi ha davvero bisogno. Non mi ha detto niente. Ma io ho fiducia ». Lo chiamava ancora Giuliano, anche se il figlio aveva cambiato nome cinque anni fa dopo la conversione all’islam. Ibrahim Giuliano Delnevo è morto mercoledì scorso, 12 giugno, come anticipato ieri da Il Giornale, combattendo con le truppe ribelli che cercano di rovesciare il governo di Bashar al-Assad. Aveva 23 anni.
ALLA RICERCA DEL PARADISO
«Come puoi affrontare un nemico che quando guarda nella canna del tuo fucile vede il paradiso?». Così un generale russo parla dei mujaheddin della Cecenia. La citazione, scelta da Ibrahim Giuliano sul suo profilo facebook, è due volte importante per raccontare la storia del ragazzo genovese. Delnevo mesi fa si sarebbe unito ad un gruppo di guerriglieri jihadisti ceceni, e con loro avrebbe combattuto cadendo a Quasyr, alle porte di Aleppo, città fondamentale nello scacchiere della guerra siriana e dopo la battaglia tornata sotto il controllo dei militari di Assad. Di lui non si sapeva più nulla dalla fine del mese di marzo, quando su internet aveva postato gli ultimi messaggi inserendo il logo del Kavkaz Center, portale di un network militante di Grozny che lotta per una repubblica islamica nel Caucaso. La scelta di imbracciare le armi potrebbe essere arrivata proprio in quei giorni, anche se qualcuno sostiene che la madre del ragazzo — Eva Guerriero, separata dal marito: fino allo scorso anno viveva con il giovane in un appartamento della Genova vecchia — all’inizio dell’anno si fosse recata in Medio Oriente per convincerlo a tornare a casa.
IL TESTAMENTO SPIRITUALE
Su youtube c’è un filmato di Ibrahim Giuliano, girato con il mare del Porto antico sullo sfondo. Il ragazzo parla dell’islam, e sembra un testamento spirituale. «La tomba è il recipiente delle nostre azioni, ma ce ne accorgiamo solamente dopo la morte». Altri video, ancora su quella religione che era diventata la sua sola ragione di vita: «Bismillah al-Rahmani al-Rahimi», esordisce, in nome di Dio clemente e misericordioso, prima di recitare i versi del Corano. E poi le fotografie pubblicate dei nuovi punti di riferimento del giovane genovese: come Abd Allah Yusuf al-Azzam, il fondamentalista cui si ispirò Osama bin Laden e al quale al Qaeda ha intitolato alcuni suoi gruppi; o ancora Shamil Basayev, capo dei guerriglieri ceceni. Le lunghe discussioni sull’interpretazione delle Scritture, l’intransigenza di Ibrahim Giuliano che ogni giorno che passa diventa più dura. Trasformando la conversione in fondamentalismo, poi in terrore e guerra. E’ alla fine dello scorso anno che parla di resistenza e di martirio contro «quei miscredenti contro i quali il combattimento è obbligatorio ».
LA MOGLIE E IL NIQAB
Un ragazzo gentile, un po’ introverso. Gli piaceva giocare a calcio, aveva un fratello maggiore, Martino, che da tempo vive in Germania. Era rimasto con il padre in corso Paganini, nell’elegante quartiere di Castelletto, solo un paio di anni fa aveva raggiunto nei vicoli la mamma.
Si era diplomato in ragioneria all’istituto tecnico Einaudi-Galileo, e subito iscritto alla facoltà di Lettere del capoluogo ligure. Neppure un esame. E’ in quell’autunno che è maturata la sua conversione. «Si è sposato con una ragazza marocchina. Sono molto felice», aveva confessato all’inizio dell’anno
Carlo, il genitore, parlando con i vicini. Frequentava la moschea di San Bernardo, vicino a casa. Un piccolo magazzino di vico Amandorla trasformato in luogo di preghiera per molti nordafricani della zona e per qualche italiano convertito. Mohammed, il giovane imam di origine albanese, nel parla
come «un buon musulmano, molto attento alle regole e alle scritture del Profeta. Ma una persona pacifica, mite. Contrario ad ogni forma di violenza, come tutti noi». Anche l’imam conferma che Ibrahim Giuliano gli aveva detto di essersi sposato da poco, ma sull’argomento non aveva aggiunto altro. Su
facebook però precisava che la moglie era “niqqabata”. Che indossava il niqab, il velo a coprire il volto.
L’INCHIESTA GENOVESE
Ibrahim Giuliano era uno dei cinque indagati dell’inchiesta su «arruolamento e addestramento con finalità di terrorismo internazionale», collegata ad un’altra che mesi fa ha portato alla cattura a Brescia di un marocchino di 21 anni. Terroristi — o combattenti, secondo la versione del nordafricano finito in prigione — che sarebbero stati reclutati via web attraverso il network jihadista “Sharia4”, gestito dall’arrestato. Prima l’arruolamento in rete, poi l’addestramento militare attraverso un lungo percorso che porta prima in Marocco — dove Delnovo si era recato a più riprese — , poi in Mali e infine in Siria. La “cellula” virtuale” internettiana avrebbe la sua base ideologica proprio nel capoluogo ligure. Qui nel 2009 è stata aperta
l’indagine su Delnovo, e quattro persone ancora, di cui almeno un’altra ligure. Un’inchiesta delicatissima, quella dei magistrati Nicola Piacente e Silvio Franz, che subirà un’inevitabile accelerazione dopo la morte del giovane genovese. Genova e la Liguria restano un crocevia nella reclutamento di terroristi islamici: nel 2007 erano state arrestate tre persone tra Ventimiglia e Sanremo in un’operazione dei Ros ribattezzata ‘Rinascita’ e gestita dal pm Piacente insieme all’aggiunto Armando Spataro. In Riviera era stato scoperto un appartamento collegato ad una cellula salafita jihadista con base a Mentone.
«Ci aveva detto che andava in Turchia per una missione umanitaria », raccontano alla moschea di vico Amandorla. «Era un bravo musulmano, sempre pronto ad aiutare gli altri», ripetono, facendo eco alle parole del padre Carlo. Sempre su youtube c’è un altro filmato postato da Ibrahim Giuliano, ma questa volta l’islam non c’entra. E’ lui, nei vicoli dell’angiporto, che con il telefonino inquadra un uccellino caduto dal nido. Lo raccoglie delicatamente, si preoccupa per la bestiola che all’improvviso spicca un breve volo più alto. Arriva un uccello più grande. «Sarà la tua mamma. O forse no», dice. «L’importante è che tu adesso sia al sicuro. Tra la tua gente».

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