Istanbul, la piazza sgombrata a forza

by Sergio Segio | 12 Giugno 2013 9:04

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I poliziotti in assetto antisommossa sono arrivati all’alba quando i ragazzi di Gezi Park meno se l’aspettavano. La sera prima il premier filoislamico Recep Tayyip Erdogan aveva lanciato segnali di apertura dicendo di voler incontrare i rappresentanti della piattaforma Solidarietà a Taksim. La piazza sonnecchiava mentre centinaia di agenti salivano dal grande viale Inönü reso impraticabile dalle barricate tirate su dai giovani, seguiti dai bulldozer incaricati di sgombrare la strada. I gas lacrimogeni hanno subito reso l’aria irrespirabile e i manifestanti si sono rifugiati nel parco Gezi, occupato dal 28 maggio per impedirne la distruzione. Alcuni si sono difesi tirando pietre e lanciando fuochi d’artificio. Sono volate anche delle molotov. «Ma non siamo stati noi — ha fatto poi sapere Mustafa Nogay, uno dei leader del movimento —, erano provocatori infiltrati dalla polizia».
«Vogliamo soltanto rimuovere le insegne che oscurano il monumento alla repubblica — aveva assicurato ieri mattina il governatore di Istanbul, Huseyin Avni Mutlu —. Non toccheremo assolutamente nessuno a Gezi Park». Ma nel pomeriggio quando la piazza si è di nuovo riempita di gente che gridava «Tayyip Istifa (Tayyip vattene)» i poliziotti hanno attaccato con i cannoni d’acqua e hanno circondato il parco. «Buuuu, buuuu» gridava la folla scappando. «Continueremo ad oltranza — ha detto in serata il governatore — fino a quando l’ultimo manifestante non sarà andato via». Gli scontri sono proseguiti tutta la notte anche ad Ankara.
Selin Akuner, un volontario di uno dei cinque punti di pronto soccorso organizzati nel parco, ha detto che almeno 300 persone sono state medicate, di cui cinque in gravi condizioni, colpite alla testa da candelotti lacrimogeni sparati a altezza d’uomo. Dall’inizio della protesta tre manifestanti e un poliziotto sono stati uccisi, 5mila i feriti in tutto il Paese.
Intanto da Ankara il premier, in un discorso davanti ai parlamentari del suo partito, pronunciava parole pesanti: «Questa questione è finita. Non avremo più tolleranza. Avete fatto scappare gli imprenditori stranieri dalla Turchia». Il governo è tornato a prendersela anche con Twitter che, nei giorni scorsi, era stato bollato come «una piaga» da Erdogan. Il responsabile dei social media, Ali Sahin, ha definito «le sue bugie più mortali delle autobomba».
Ieri la repressione è scattata anche contro gli avvocati che appoggiano il movimento di protesta, 73 dei quali sono stati arrestati mentre manifestavano all’interno del tribunale di Istanbul. «Veder portare via un collega con la toga indosso mi indigna» ha detto uno degli avvocati che è andato poi a protestare, insieme ad altri, davanti alla stazione di polizia.
Era dal primo giugno che le forze di sicurezza di sicurezza avevano lasciato Taksim e la zona era diventata una sorta di cittadella autonoma, luogo di festa e di manifestazioni estemporanee. Ma nel resto del Paese le proteste erano continuate. In tutto sono 78 le città della Turchia in cui la gente è scesa in piazza.
La riconquista di Piazza Taksim da parte delle forze dell’ordine è stata condannata duramente dal capo dell’opposizione, Kemal Kiliçdaroglu, che ha accusato Erdogan di essere «un dittatore» mentre il Consiglio d’Europa ha parlato di «inaccettabile violenza della polizia» e Amnesty International di «azione vergognosa».
La tensione nel Paese è altissima, alimentata anche dalla diffusione di un video che mostra un poliziotto estrarre la pistola e sparare contro i manifestanti ad Ankara. Oggi Erdogan incontrerà una delegazione di manifestanti ma i ragazzi del parco dicono: «È solo una montatura, vedranno delle persone scelte dall’Akp».

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