“In bici o a piedi” l’ultima sfida di Copenaghen

by Sergio Segio | 3 Giugno 2013 6:46

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COPENAGHEN. L’uomo che vuole farci andare tutti a piedi fa un sorriso. «Non sono io a dirlo, ma la natura. Siamo biologicamente programmati per non percorrere più di cinque chilometri all’ora», spiega Jan Gehl, celeberrimo architetto danese che sta reinventando il modo di vivere in città. Meglio saperlo: non è, la sua, una battuta passatista, ma è il futuro (ecologicamente sostenibile) che ci aspetta. Per chi è stato a Copenaghen, la città dove vive e lavora Gehl, non è certo una sorpresa. La capitale danese ha appena vinto di nuovo un premio come “città verde” d’Europa con i suoi 400 chilometri di piste ciclabili, una metropolitana, la City Circle Line, che entro pochi anni collegherà l’intera metropoli all’aeroporto, e con mezzi pubblici che funzionano soprattutto a elettricità, idrogeno o biogas. Copenaghen è un modello unico di metropoli (ri)pensata e vissuta in modo ecologico, con la partecipazione e l’impegno di tutti i residenti. Una filosofia di vita che diventa investimento. Il parco eolico Middelgrunden, di fronte alla baia, è stato finanziato da centinaia di cittadini- soci. Famiglie e commercianti si sono impegnati a ridurre le emissioni di anidride carbonica entro il 2025 per fare della capitale danese la prima metropoli al mondo “carbon neutral”. Qui i rifiuti sono una risorsa: attraverso lo smaltimento si produce il calore distribuito nei sistemi di riscaldamento
delle case.
È stato proprio Gehl ad inventare negli anni Sessanta la prima e più estesa zona pedonale d’Europa, Stroget, il corso principale del centro storico. Già nel 1971 l’architetto danese pubblicava uno dei suoi saggi per ripensare gli spazi pubblici non più in funzione delle macchine ma del traffico di pedoni e biciclette. Oggi Copenaghen ha oltre 100mila metri quadrati di zone pedonali. È stato Gehl a inventare un verbo, “copenhagenize”, per spiegare come esportare il modello danese. Negli ultimi anni, lo studio Gehl Architects è stato ingaggiato dal sindaco di New York per il progetto di pedonalizzazione di Times Square e costruire le piste ciclabili a Broadway. Gli architetti danesi sono stati chiamati anche per immaginare spazi car-free nelle caotiche Città del Messico e Pechino, e persino a Mosca, in Oman e Giordania.
Quel che altrove appena comincia, qui è già realtà. Un terzo dei tragitti verso l’ufficio o la scuola è effettuato in bicicletta: entro dieci anni dovrebbero essere più del doppio. Durante le ore di punta, sfrecciano in città oltre 20mila ciclisti. A ogni incrocio esistono semafori dedicati ai ciclisti, le piste per le due ruote sono ricoperte di un manto verde speciale, per non parlare delle nuove “autostrade” ciclabili: la prima è stata inaugurata l’anno scorso fino ad Alberslund, ma un’altra trentina sono in costruzione. Meno visibile è l’efficientissimo sistema di smaltimento rifiuti in centrali che riusano il calore per riscaldare le abitazioni e fornire acqua calda a tutta la città. Tre quarti della riduzione di emissioni di Co2 promessa entro il 2025 avverrà infatti grazie all’ottimizzazione del sistema di produzione elettrica e di calore. L’ultima parte per realizzare l’ambizioso progetto “carbon neutral” è invece in mano, anzi nei piedi dei cittadini che dovranno convincersi ad abbandonare definitivamente l’automobile,
o al massimo accontentarsi di quelle vetture pubbliche ed elettriche fornite in diversi punti della città. Entro il 2025, ha detto l’attuale sindaco Franck Jensen, tre quarti dei residenti dovrà muoversi a piedi o in bicicletta, con un ritmo rallentato ma più sano e felice. La velocità ideale è 5
km/h per una vera slow city.

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