Il paradosso di Obama: record di neri in carcere

by Sergio Segio | 21 Giugno 2013 10:12

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Perché io avrei potuto trovarmi al posto loro. Avrei potuto essere in prigione. Avrei potuto essere disoccupato. Avrei potuto essere impossibilitato a sostenere la mia famiglia. E tutto ciò ha costituito per me la più grande motivazione”. Così Barack Obama durante il discorso agli studenti afroamericani del Morehouse College di Atlanta, interrompendo, in maniera visibilmente commossa, il testo scritto del suo intervento, tutto incentrato sulla famiglia e sull’importanza della paternità. Poche volte, durante la sua presidenza, Obama, si è lasciato andare a commenti che facessero direttamente riferimento alla sua razza e alla sua condizione di primo afroamericano alla Casa Bianca. Spesso, però, ha rimarcato il ruolo determinante giocato dai suoi nonni nella sua crescita e formazione, come contraltare a quel grosso handicap determinato dall’assenza di suo padre. E sebbene questo potrebbe sembrare un aspetto minore in un paese che continua a lasciare indietro intere generazioni di afro americani che restano fra i più emarginati e i più colpiti da ogni tipo di crisi economica e sociale, nella realtà delle statistiche non lo è affatto.
I NUMERI ci parlano di una situazione in cui, il contrasto fra il presidente “nero” e gli “altri” afro americani, che sempre più a fatica riescono a farsi spazio nella società, è sempre più drammatico. Un dato per tutti: oggi sono molti più gli afro americani in carcere o in libertà vigilata di quanti fossero gli schiavi nel 1850. Numeri che in città come Chicago diventano poi l’immagine di uno scivolare pericolosamente all’indietro, quando al Congresso di neri se ne vedevano pochi, ma la classe media afro americana aveva fatto grandi passi in avanti.
La drammaticità della situazione, tornando alle parole di Obama, sebbene possa sembrare difficile da credere, deriva ancora e sempre da quella disumana catastrofe che fu la schiavitù. Decennio dopo decennio, intere generazioni di individui vennero private di ogni senso di dignità, capacità di ribellione, volontà di miglioramento e speranza di progresso. Un fardello troppo pesante per pensare che 150 anni di storia e un presidente alla Casa Bianca lo abbiano cancellato. A dare conferma di una situzione che, spesso, si fa fatica a comprendere persino come contrastare, sono ancora una volta i numeri: il 72% delle madri afro americane non è sposata. Moltissime crescono i figli da sole. I giovani cresciuti senza padre, però, hanno il doppio delle possibilità dei loro coetanei, di finire in prigione; sono senza padre il 63% dei suicidi; l’80% di giovani con problemi di comportamento, il 71% di coloro che abbandona gli studi superiori e il 70% di quelli che finiscono in riformatorio. Tanto per dare un’idea, le madri di origine asiatica non sposate sono il 16% negli Usa mentre il 26% quelle bianche. Su questi dati, influisce anche, in maniera pesante, un retaggio culturale che, per decenni, ha contribuito a “dipingere” le donne di colore come “non sposabili” o meno appetibili al gusto degli uomini. La preoccupazione è che, in tempi di crisi economica, diventa sempre più “facile” voltarsi altrove, perdendo l’opportunità di provare quel sentimento di empatia di cui ha parlato Obama nel suo discorso che consentirebbe, più di tanto altro, di vedere e capire chi sono gli uomini e le donne che ci si sta lasciando alle spalle.

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