Il Garante: “Sanno troppo di noi anche idee politiche e gusti sessuali”
Non credo che l’azienda californiana possa permetterselo ». Antonello Soro, presidente dell’Autorità garante della privacy da un anno, si è convinto che la battaglia da vincere è quella per la trasparenza dei colossi del web. Google, ma anche Facebook, Amazon, Microsoft, Apple. «Non siamo luddisti contrari all’innovazione tecnologica, sia chiaro. Ma qualcosa deve cambiare».
Cosa avete chiesto ai manager di Google?
«Prima di tutto, un elenco esaustivo e aggiornato dei prodotti e dei servizi offerti dalla società di Mountain View. Abbiamo chiesto informazioni su come vengono trattati i dati raccolti, se e come vengono incrociati per profilare gli utenti, le finalità per le quali li utilizzano, i tempi di conservazione dei dati trattati. E anche le misure adottate per garantire l’esercizio dei diritti. Quando un utente cancella il proprio account, i dati che fine fanno? E può scegliere di non essere profilato?
Ci aspettiamo risposte precise»
Fino a che punto Google ha collaborato con voi, fino ad oggi?
«Poco. Alle perplessità dei Garanti europei risponde dicendo di rispettare i principi degli ordinamenti, ma di attenersi alla sola normativa americana. Tant’è che non possiamo fare ispezioni sui loro server. Quando ha collaborato per rimuovere dei contenuti, lo ha fatto quasi per “spirito di cortesia”, non perché si sentissero costretti».
Quali disposizioni del nostro Codice della privacy le sembra che siano violate?
«Google ha da poco adottato una nuova privacy policy,
con un’informativa opaca, in cui spiega in maniera troppo generica di incrociare tutti i dati che raccoglie con gmail, il motore di ricerca, google +, android e gli altri servizi per creare dei profili. E questo non va bene. Il trattamento dei dati può essere fatto per una finalità precisa, magari commerciale. Ma Google possiede dei pezzi interi della nostra vita: sa cosa ci piace, dove andiamo in vacanza, dove ci troviamo, il nostro orientamento
politico e i nostri gusti sessuali, cosa cerchiamo in Rete, chi sono i nostri contatti. E con gli account associano al profilo un nome e un cognome, senza che gli utenti ne siano consapevoli. Questo il nostro ordinamento lo vieta. Così come è una violazione non sapere in quali server siano conservati i nostri dati».
Cosa ci fanno con questi profili, siete riusciti a capirlo?
«Ufficialmente li usano per fini pubblicitari e commerciali, ma quali reali garanzie abbiamo che non vengano usati per altre finalità? Google ormai è una potenza economica che dialoga con i capi di Stato. In Cina, ad esempio, ci risulta che abbia abbassato la testa e collaborato con le autorità cinesi. Quella massa di dati sugli orientamenti politici dei cittadini fa gola a tutti, naturalmente».
Se non vi rispondono entro il 30 giugno, termine ultimo da voi fissato, cosa succederà?
«Apriremo una procedura che potrebbe portare a una sanzione milionaria. I soldi per Google non sono certo un problema, infatti la vera sanzione sarebbe la perdita di fiducia da parte dei consumatori. Una ferita alla privacy significa limitare la libertà di tutti».
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