Il G8 DeCameron

by Sergio Segio | 14 Giugno 2013 7:11

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Il primo ministro dell’omonimo stato, ben noto paradiso fiscale e ancora parte del sistema del Commonwealth inglese – ossia formalmente una dipendenza della Regina – ha infatti dichiarato di non voler siglare l’accordo internazionale Ocse sullo scambio di informazioni in materia fiscale. Ottanta i paesi firmatari fino a oggi, ma mancano ancora i paradisi fiscali più conosciuti, tra cui per l’appunto le Bermuda.
Sempre sulla stessa rotta sembra trovare nuovi scogli insormontabili il piano inglese di far pagare le tasse a tutti, incluse le grandi imprese multinazionali, quali Amazon, Google e Starbucks, finite nell’occhio del ciclone perché, nonostante le vendite record, hanno versato ben poco al fisco britannico. Il governo canadese, appoggiato in parte da quello statunitense, si sta infatti impuntando sulla richiesta di creare registri pubblici delle imprese che rendano noti i loro veri possessori. In molti paesi, anche europei, questi registri non esistono e le compagnie sono solo tenute a dichiarare confidenzialmente al fisco i nomi di presunti titolari, che non necessariamente corrispondono ai veri proprietari. Trucchi da paradisi fiscali, ben usati anche nelle «civilissime» Austria e Olanda, per non parlare di Lussemburgo, solo per rimanere nell’area Euro.
Ma i dubbi non mancano anche sulla terraferma e a est del G8. Dalla Russia Putin fa sapere che non c’è intesa sull’idea di porre fine alle strategie delle imprese per eludere il fisco a livello nazionale. Forse le perdite dei ricchi magnati russi nella crisi finanziaria di Cipro ancora bruciano e il Cremlino non vuole osare di più. Qualche mese fa, l’Ocse ha messo nero su bianco che l’attuale sistema di tassazione delle imprese multinazionali è antiquato e richiederebbe cambiamenti profondi a livello nazionale e internazionale, così da prevenire la sistematica elusione fiscale tramite l’erosione della base imponibile e lo spostamento all’estero dei profitti.
Nel Decameron del Boccaccio la follia compare a più riprese, intrecciandosi con altri temi, come quello della beffa, dello scherno e della burla. Sembra proprio che il G8 liberista e globalizzatore che discuta di evasione fiscale delle multinazionali ricalchi questo genere letterario. Uno degli aspetti più interessanti del capolavoro boccaccesco è però quello della follia per amore, per la quale spesso uno dei due amanti giunge fino alla morte. Proprio questo oggi il dilemma di Cameron e di tanti altri leader europei e mondiali: il troppo amore per il libero mercato e per le multinazionali, nonché per i mercati di capitali globali nell’era della finanziarizzazione, rischiano di portare alla morte il sistema della tassazione e lo Stato-nazione su cui è stato basato negli ultimi due secoli. Nonostante l’amore per la City, Cameron e il suo predecessore laburista Gordon Brown con la recessione sono stati costretti ad aumentare le tasse, non sempre in maniera progressiva, e a imporre l’austerità. Dopo aver constatato l’impossibilità di ridurre la pressione fiscale, per giustificare nuovi tagli e privatizzazioni Downing Street deve dimostrare che tutti pagano le tasse, anche le multinazionali e le banche. La stessa sfida – impossibile? – propostasi per il governo italiano di larghe intese, che si muove nel solco dell’esecutivo tecnocratico di Monti.

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