by Sergio Segio | 26 Giugno 2013 6:07
È il segno di una precarietà che certamente esiste; ma che alcuni settori della maggioranza sembrano tentati di esagerare. Si tratta di un contraccolpo ampiamente previsto. Nel Pdl riprendono fiato quanti vogliono utilizzare il verdetto del tribunale di Milano come piedistallo per attaccare la maggioranza anomala e lo stesso Quirinale: tutti accusati più o meno larvatamente di non difendere a sufficienza Berlusconi. E nel Pd rispuntano i personaggi che non hanno mai mandato giù l’alleanza col Cavaliere, per quanto obbligata dai numeri. E dunque ostentano tutta la propria impazienza, ravvivata dall’esito del processo.
Per loro parla Rosy Bindi, ex presidente del partito, che chiede «fino a quando» il Pd «può stare in maggioranza con un partito guidato da un leader che ha già accumulato diverse gravissime condanne?». Il discorso di Napolitano somiglia a un altolà preventivo a queste tendenze opposte ma convergenti. E incrocia la preoccupazione e la cautela dell’ala governativa dei due partiti, attenta a scindere questioni giudiziarie e politiche; e finora determinata a riuscirci, arginando le pressioni interne. Non a caso anche il segretario del Pd, Guglielmo Epifani, usa il termine «fibrillazione», legandolo alle «scadenze giudiziarie» di Berlusconi.
«Sarebbe irresponsabile far saltare il governo», ribadisce Epifani. E mentre lo dice pensa al colloquio di ieri sera fra Enrico Letta e l’ex premier; alle dichiarazioni bellicose degli esponenti del Pdl che mettono paletti per andare avanti; e anche alle tensioni nel Pd. Il tentativo è di sottolineare quanto sia grave la situazione economica; e di far capire che i problemi non nascono dalla composizione della coalizione guidata da Letta ma da condizioni negative destinate a mettere in difficoltà qualunque compagine governativa. Quando il presidente della Repubblica chiede «continuità nell’istituzione governo», rivolge un appello al senso di responsabilità dei partiti.
E quando il premier Letta, che oggi sarà a colazione da Napolitano, invita a guardare ai prossimi diciotto mesi, cerca di scavalcare e minimizzare gli ostacoli di queste ore. Addita il 2014 come una sorta di traguardo al quale forse l’Italia arriverà con qualche speranza in più. Incognita fra le incognite, tuttavia, c’è il vertice europeo che comincia domani. Letta esorcizza la possibilità che si chiuda con un «compromesso al ribasso». Cresce l’attesa di un aiuto dall’Ue per favorire l’occupazione giovanile e sbloccare un po’ di fondi per gli investimenti. Ma il dubbio che si possa far poco rimane, e non depone bene per l’autunno.
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