by Sergio Segio | 11 Giugno 2013 7:00
Lo ha confermato ieri il ministro per la Coesione territoriale, Carlo Trigilia, in occasione del monitoraggio al 31 maggio scorso sui fondi Ue: «Occorre procedere il più rapidamente possibile, con uno sforzo straordinario e con la collaborazione di tutte le amministrazioni a una riprogrammazione delle risorse non ancora spese, secondo le priorità che il governo si è dato, a partire dalle misure per affrontare il problema della disoccupazione giovanile».
Per ora il ministro non dice quanti soldi potrebbero essere dirottati da voci inutili di spesa a impieghi più produttivi, ma, se si tiene conto che ci sono ancora 30 miliardi di euro che tra risorse europee (circa 17 miliardi ) e cofinanziamenti nazionali (circa 13 miliardi) devono essere spesi entro la fine del 2015, si capisce che i margini di manovra sono importanti. Del resto, già il predecessore di Trigilia, Fabrizio Barca, ha deciso nel breve spazio di vita del governo Monti due riprogrammazioni dei fondi Ue, che hanno spostato ben 6,4 miliardi di euro.
Secondo i dati del monitoraggio diffusi ieri, l’Italia ha speso finora 19,7 miliardi dei 49,5 complessivamente stanziati dai due fondi europei Fse (Fondo sociale europeo) e Fesr (Fondo europeo di sviluppo regionale) per il periodo 2007-2013 (le somme vanno impegnate entro il 2013, ma per spenderle ci sono due anni in più). Di questa cinquantina di miliardi 27,9 sono a carico dell’Unione Europea e il resto (21,6 miliardi) dei fondi nazionali. I quasi 20 miliardi spesi finora equivalgono al 40% del totale, un livello che rispetta il livello minimo del 38% fissato dall’Ue, ma non basta certo a assicurare che i restanti 30 miliardi saranno spesi e, soprattutto, spesi bene. In particolare nel Mezzogiorno, dove la spesa si è fermata, al 31 maggio, al 35,7%.
Si tratta ora, spiegano i collaboratori di Trigilia, di guardare bene nei singoli programmi di spesa per trovare quelli più inefficienti e chiedere poi a Bruxelles di dirottare le risorse su impieghi più utili. Attualmente questa enorme massa di denaro fatta di fondi Ue e cofinanziamenti nazionali è suddivisa su ben 52 programmi: regionali, interregionali e nazionali. In 35 casi l’ammontare delle spese certificate finora ha superato il target fissato dall’Ue, in 11 è rimasto entro la soglia di tolleranza mentre in 6 casi non ha raggiunto il livello minimo. Il caso più rilevante è proprio quello del «programma nazionale su ricerca e competitività» che concentra in 4 regioni – Puglia, Calabria, Sicilia e Campania – circa 6 miliardi di euro nel periodo 2007-2013, gestiti dai ministeri dell’Istruzione e dello Sviluppo, a sostegno di attività di ricerca, innovazione, potenziamento infrastrutturale e creazione d’imprese. Finora sono stati spesi solo 1,8 miliardi, 260 milioni in meno del minimo richiesto. Ci sono poi altri ritardi che riguardano due piani regionali del Lazio, uno del Piemonte e due piani interregionali. Complessivamente il ritardo riguarda fondi per quasi mezzo miliardo. Fatta la ricognizione, il ministro proporrà a Bruxelles, al massimo entro settembre, la riprogrammazione delle risorse. Con una priorità: l’occupazione giovanile.
Enrico Marro
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