I drammi di Valerio e Khaled travolti mentre lavoravano
BRESCIA — Uno inghiottito dalla montagna, l’altro schiacciato dal peso delle attrezzature che aveva smontato dal palco del concerto dei Kiss. A Nuvolera (Brescia) come ad Assago, due vittime a poche ore di distanza. Con la differenza che in nottata, Khaled Farouk Abd Elhamid, 34 anni, operaio egiziano, è morto quasi sul colpo, sommerso dal materiale che si è ribaltato mentre caricava il camion: forse si è rotto il montacarichi. Valerio Sgotti, invece, 70 anni, non l’hanno ancora trovato. È rimasto travolto da almeno duemila metri cubi di marmo e terra che si sono staccati dal versante nella sua cava, a Nuvolera. Un fronte che ha raggiunto i cento metri, indebolito, pare, anche dalle troppe piogge degli ultimi mesi.
Khaled aveva un regolare permesso di soggiorno. Lavorava per conto dell’organizzatore del concerto che aveva preso in affitto l’impianto. L’incidente è avvenuto alle tre del mattino, alla fine del concerto. Soccorso immediatamente, respirava ancora quando è stato trasportato al pronto soccorso della clinica Humanitas. Ma aveva un trauma troppo forte, con la cassa toracica schiacciata dai pesanti carichi.
Valerio Sgotti, invece, era appena risalito con gli operai della cava sul blocco di marmo per sbancare la roccia e pulire l’area, per prepararla quindi a un «crollo controllato», quando la montagna ha ceduto. Pare che avessero appena estirpato un albero: Nicola, 35 anni, figlio di Valerio, era alla guida dell’escavatore, il padre invece di lato, appoggiato sul predellino. È stata proprio la cabina della ruspa a fare da gabbia di protezione al giovane, ricoverato in rianimazione all’ospedale Civile di Brescia con traumi importanti al cranio e al torace. Sergio, 38 anni, il secondo figlio, è illeso: lui ha estratto il fratello dalle macerie con un altro operaio poco prima che arrivassero i soccorsi. «Lo sentivamo chiamare aiuto, e chiedere dove fosse il padre», racconta uno dei tre dipendenti ghanesi presenti, e usciti indenni dalla frana, solo «perché stavamo lavorando pochi metri più su». Ma Valerio non c’è. «Abbiamo urlato con tutta la voce che avevamo sperando ci rispondesse… ma niente», dicono loro, che lo considerano «un amico, non solo un bravissimo datore di lavoro». Sua figlia, Luciana Sgotti, è il sindaco di Nuvolera, cinquemila anime sulla strada che porta al lago di Garda.
Per tutto il giorno le ricerche sono continuate senza sosta: al lavoro le squadre dei vigili del fuoco, l’unità speciale per le ricerche sotto le macerie, il nucleo speleologico. Ma i cani non sono riusciti a individuare dove potrebbe trovarsi il disperso, così come la telecamera arrivata da Milano: «I vigili si sono calati negli anfratti nel tentativo di sfruttare al meglio la sonda», ma nulla, riferisce Francesco Camilletti, funzionario dei vigili del fuoco. Che annuncia: «L’area è sotto sequestro. Le condizioni non sono sicure». A una ditta specializzata è stato chiesto di presentare un progetto per mettere in sicurezza la parte superiore del costone affinché si possa procedere con la rimozione dei massi più grandi, là dove potrebbe essere Sgotti. Si dovrebbe iniziare già stamattina, ma i tempi si annunciano lunghi. E ne sono consapevoli anche Sergio e la sorella Luciana, che in serata se ne sono andati insieme evitando lo sguardo dei cronisti. Ma senza risparmiare una parola, e un abbraccio, agli operai.
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