by Sergio Segio | 26 Giugno 2013 6:01
ROMA — Basterebbero solo le tensioni sugli F35 e sull’Iva, a far tremare la maggioranza. Se a queste si aggiunge il tormentato dopo-Ruby e le tante incognite su Silvio Berlusconi, ecco che la giornata di ieri, per il governo di Enrico Letta, si trasforma in un vero e proprio «martedì nero».
Il giorno che si chiude col faccia a faccia tra il presidente del Consiglio e il Cavaliere comincia nel peggiore dei modi. Con l’assenza dei ministri del Pdl al discorso di Letta al senato e con uno scontro all’interno dell’esecutivo. Di fronte alla presa di posizione del ministro degli Affari Regionali Graziano Delrio, che frena sull’acquisto degli F35, Mario Mauro reagisce male. «Non ho partecipato a nessun Consiglio dei ministri nel quale il governo abbia cambiato posizione», è la versione stizzita del titolare della Difesa. Il botta e risposta interno alla squadra di Letta va a peggiorare i già precari equilibri interni al Partito democratico, dove la fronda dei contrari all’acquisto dei caccia bombardieri non s’è ancora arresa. Tanto che, almeno ufficialmente, una frenata rispetto all’accelerazione del ministro della Difesa arriva proprio da uno dei fedelissimi del premier, Francesco Boccia. «Mauro sbaglia. Il Parlamento è sovrano».
L’unica pezza possibile è quella che si materializza quando, in serata, spunta l’ipotesi di congelare la questione. «L’unica strada è quella di una mozione di maggioranza», sintetizza Mauro. «Ma questa mozione deve tenere conto delle diverse sensibilità emerse sull’argomento», risponde il capogruppo del Pd alla Camera, Roberto Speranza.
Ed è niente rispetto al tira e molla trasversale sull’Iva. Flavio Zanonato dà per certo («Al 99,9 per cento») il rinvio dell’aumento a settembre, una linea che dovrebbe essere approvata nel Consiglio dei ministri di oggi. Una strada che però Renato Brunetta definisce, senza mezzi termini, «una presa in giro». Non usa giri di parole il capogruppo del Pdl, che interviene a Radio Anch’io e chiama in correità anche il titolare delle Finanze. «Se Saccomanni propende per una sospensione dell’Iva per tre mesi, questo non va assolutamente bene. È una presa in giro». Perché non si può, conclude Brunetta, «dare una risposta così parziale, assurda e devo dire ridicola».
L’uscita del capogruppo del Pdl alla Camera finisce ai tempi supplementari. Perché il Pd, attraverso Matteo Colaninno, controbatte («È sicuro, Brunetta, nel continuare a dire che sul rinvio di tre mesi non c’è maggioranza?»). E l’altro, ovviamente, gli risponde: «Colaninno ha le idee un po’ confuse sul ruolo del governo e su quello della maggioranza che lo sostiene». Pure l’ex presidente del Senato, Renato Schifani, interviene: «Serve la crescita. E su questo saremo inflessibili», dice al Tg1.
La rissa sugli F35 e i litigi sull’Imu sono i temi cruciali di un film in cui, sullo sfondo, rimane sempre il destino di Silvio Berlusconi. «Né Letta, né Napolitano, né questa sinistra comprendono il dramma morale che stiamo vivendo nel Pdl», mette a verbale il coordinatore del partito Sandro Bondi. «Berlusconi? Lo stanno condannando a morte», alza i toni Daniela Santanchè durante la manifestazione anti-giudici convocata dal direttore del Foglio Giuliano Ferrara. Emilio Fede, che nella nuova veste di direttore editoriale della Discussione ha intervistato il Cavaliere, giura che l’ex premier «non toccherà il governo Letta». Ma sono in tanti, soprattutto dentro il Pd, che minacciano una resa dei conti. Lo fa Rosy Bindi: «Il Pd può stare in maggioranza con un partito guidato da un leader che ha già accumulato diverse gravissime condanne?». E quando persino Nicola Latorre, che non è mai stato un falco anti-berlusconiano, parla del post-sentenza Ruby come dell’«epilogo drammatico di una stagione politica», Guglielmo Epifani prova a tamponare la crisi: «La tenuta del governo sia separata dai processi di Berlusconi. Non possiamo rimanere appesi a lui». Ce n’è abbastanza perché l’inquietudine generale arrivi Oltretevere. Da dove l’Osservatore romano lancia un appello: «Non venga meno l’appoggio del Pdl al governo».
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