Epifani: tranne noi, partiti personali E chiama i big alla guida del Pd

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ROMA — L’affondo di Guglielmo Epifani contro i partiti personali prepara una novità che il segretario del Pd medita di annunciare stasera aprendo la riunione della Direzione nazionale. La proposta di un tavolo politico al quale siederanno tutti i «big» del partito, da Bersani a D’Alema, da Veltroni a Renzi, da Fioroni alla Bindi. Non una riedizione del «caminetto» bersaniano, ma un organismo ristretto che avrà un forte potere decisionale, affronterà i nodi politici e fisserà le regole del congresso. Il segretario punta a rendere visibile la sua idea di Pd, una forza politica collegiale che non sia guidata, per dirla con Bersani, da «un uomo solo al comando».
Al teatro Eliseo, presentando il libro di Walter Veltroni E se noi domani. L’Italia e la sinistra che vorrei (Rizzoli), Epifani ha lanciato la sfida: «In Italia tolto il Pd abbiamo una somma di partiti personali che sono i partiti più anti-democratici che esistono, perché dipendono dai destini dei leader». Un attacco a Berlusconi e Grillo e una critica implicita a Matteo Renzi, fautore delle leadership forti.
Il Pd dall’«identità forte» che lui ha in mente, Epifani lo declina in tre punti: decisioni a maggioranza, organismi collegiali dove si discute («non possiamo farlo solo sui giornali») e un inedito «senso di fraternità», per dire che il leader «è al servizio di un destino comune» e non viceversa. Il nodo è la data del congresso e le modalità con cui eleggere il segretario. L’idea di rinunciare alle primarie rischia di sollevare un putiferio ed Epifani non vuole complicare la vita al governo, ma anzi spianare la strada a Enrico Letta. E così proporrà che il Pd continui a scegliersi il leader chiamando gli elettori ai gazebo, cosa che tra l’altro può portare parecchi soldi in cassa. «Versando 10 o 15 euro per la tessera, iscritti, militanti e simpatizzanti potrebbero scegliersi il loro segretario», è la proposta di Beppe Fioroni, che rilancerà in un ordine del giorno il referendum sulle riforme e chiederà che il congresso non slitti: «Se Epifani pensa di spostarlo deve riconvocare l’assemblea nazionale che lo ha fissato a ottobre, altrimenti rischia che qualcuno impugni lo Statuto e chieda di annullare tutto». Anche i «giovani turchi» di Matteo Orfini sono contrari a rallentare i tempi e il segretario, visto il pressing, sembra essersi rassegnato a chiudere le assise entro dicembre.
Il leader traccerà la rotta anche sulle riforme. Nei giorni scorsi aveva lasciato trapelare qualche simpatia per il semipresidenzialismo, ma avendo preso atto che il Pd è diviso sta pensando di affidare la scelta agli organismi del partito. Nel Pd è il giorno dei dubbi, della prudenza, dei timori di regalare una clamorosa vittoria al Pdl. Massimo D’Alema, che pure aveva aperto al modello francese, invita alla cautela: «È un tema da approfondire… Se il capo dello Stato diventa il capo di un partito, chi svolgerà il ruolo di garanzia fin qui svolto dal presidente della Repubblica?». Anna Finocchiaro non vede tabù, ma fiuta i rischi della svolta e ricorda che la revisione della Costituzione andrebbe accompagnata «da norme rigorosissime su incompatibilità e conflitto d’interessi». E persino Veltroni, che è stato tra i primi a sposare il sistema di Parigi, si mostra preoccupato per la «furbizia» che tracima dal dibattito sulle riforme: «Se qualcuno pensa di fare il semipresidenzialismo senza conflitto di interessi, allora lasciamo perdere». All’Eliseo, dove Sergio Chiamparino illustra la sua «visione» del Pd, Veltroni punzecchia Renzi per avere attinto dai pozzi del Lingotto: «Ho molta simpatia per Matteo, anche se in termini di diritto d’autore mi dovrebbe tanti soldi… Certo, quando vede Briatore non ci capiamo più». Renzi, che oggi sarà alla Direzione, ha sentito Enrico Letta e, fugati i reciproci sospetti, gli ha promesso che proverà a star lontano dalle polemiche. Nella segreteria di Epifani dovrebbe entrare un fedelissimo del sindaco, ma sull’onorevole Luca Lotti, che Renzi avrebbe voluto all’Organizzazione, ci sarebbe il veto dei bersaniani. Al suo posto potrebbe andare Dario Nardella, o Angelo Rughetti.


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