by Sergio Segio | 14 Giugno 2013 8:11
ROMA — L’Imu, così com’è strutturata, è iniqua e va ripensata. Non solo perché i valori di mercato delle case e quelli catastali su cui si calcola l’imposta sono troppo distanti (quasi due volte e mezzo in media), nonostante i nuovi coefficienti di Monti. Ma perché questo divario cresce per le abitazioni di pregio. E dunque se rimane così, l’Imu di fatto «tende a favorire i contribuenti più ricchi». Ecco perché, suggerisce la Banca d’Italia, si impone al più presto una «spedita revisione del catasto » (l’ultima nel 1990). Nel frattempo il processo durerà cinque anni – è «opportuno trovare meccanismi che attenuino disparità di trattamento ingiustificate». Dunque «differenziare le franchigie» per venire incontro alle famiglie pur proprietarie,
ma con redditi bassi. Oppure «posporre il pagamento dell’imposta», in taluni casi di bisogno. Idee che incendiano un dibattito già agguerrito sull’Imu.
E non sono le sole che Alessandro Buoncompagni e Sandro Momigliano di Bankitalia (Servizio rapporti fiscali e Servizio studi), ieri in audizione al Senato, riservano a governo e partiti. Intanto, esistono troppe «interferenze» tra politica tributaria nazionale e fiscalità locale, tra centro e periferia, tra ministero dell’Economia e sindaci. E questo rende «opaco» il prelievo. Se si vuole ripensare l’Imu, sostiene Bankitalia, occorre una «ulteriore razionalizzazione dei poteri». Ovvero, riportare il balzello all’essenza, quella di imposta locale «visibile», controllabile dai cittadini in termini di ricaduta sui servizi per il territorio, legame ora «affievolito
». Ecco perché occorre «destinare ai Comuni l’intero gettito dell’Imu», quasi 24 miliardi annui, compreso quello di capannoni e fabbricati, oggi ancora trattenuto dallo Stato (che in cambio, intascherebbe l’addizionale comunale). Solo così, dice Bankitalia, si responsabilizzano i sindaci, si limitano evasione ed elusione, si può «redistribuire» l’imposta (che comunque è «in linea con quella dei principali Paesi europei»). Ma attenuandone il carico, anche tenendo conto «dell’intero patrimonio netto» della famiglia (non solo quello immobiliare), magari usando il nuovo Isee, in pista da ieri. Per rilanciare le compravendite (-22,6% nel 2012, ha certificato ieri l’Istat e mutui crollati del 37,4%), depresse «anche per gli inasprimenti tributari», Via Nazionale suggerisce una «tassa fissa» e unica sui trasferimenti (al posto di registro, ipotecaria e catastale che valevano 6,8 miliardi nel 2012). Mentre chiede che i capannoni siano tassati come gli altri beni strumentali dell’azienda e comunque di «attenuare l’imposizione» sugli immobili d’impresa (10 miliardi il gettito del 2012) «abbassando l’aliquota Ires» o rendendo deducibile l’Imu.
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