by Sergio Segio | 28 Giugno 2013 7:34
MILANO — La Corte dei conti richiama il Tesoro alla «attenta considerazione sul ricorso ai derivati, per «assicurare massima trasparenza » su questi strumenti «notevolmente aleatori». Quanto siano aleatori lo mostrano i conteggi su di una relazione che a inizio 2013 via XX settembre inviò proprio alla magistratura di controllo, da cui affioravano rinegoziazioni di una dozzina di swap con banche, con costi immediati per l’erario, e flussi negativi attesi in futuro per totali 8,1 miliardi (un quarto del loro valore nozionale).
Nel giudizio di parifica sui conti pubblici 2012 — accordato — il procuratore generale della Corte, Salvatore Nottola, è tornato a evidenziare il rischio di strumenti nati per coprire oscillazioni di tassi e cambi, ma che spesso rinviano al futuro le passività, talvolta generando «inaspettate perdite — ha detto Nottola — e dannose manovre speculative». Proprio la Corte, ricevuta la relazione del Tesoro sul debito (e derivati relativi, che nel caso italiano sono circa il 10%, 160 miliardi), aveva chiesto carte aggiuntive, a marzo. Il Tesoro già martedì ha comunicato di aver esaudito tutte le richieste, relative solo al derivato chiuso con Morgan Stanley (pagando 3,1 miliardi cash). La Corte non ha confermato l’indiscrezione per cui la richiesta si estendeva agli originali di tutti i derivati rinegoziati l’anno scorso. Il giudizio archivia l’attività di controllo della Corte in materia, mentre sul lato giudiziario non sembra sia aperto un procedimento della procura della Corte per danno erariale. Un fascicolo “su fatti non costituenti reato” l’ha aperto mercoledì la magistratura ordinaria a Roma. «Mi pare che il Tesoro abbia chiarito tutto ma non è più il mio business», ha detto in tema il presidente della Consob Giuseppe Vegas, viceministro del Tesoro sotto Giulio Tremonti.
La vicenda anche ieri non ha turbato gli investitori, che hanno sottoscritto 5 miliardi di euro in Btp a 5 e 10 anni, con tassi crescenti a 4,55% per il decennale ma una discreta adesione alle aste. Qualche quotidiano straniero si è allineato nel chiedere trasparenza al Tesoro sui derivati, molti risalenti agli anni ‘90 e che diedero luogo ad anticipi di cassa previa vendita di opzioni che ora per l’erario si rivelano onerose. «L’Italia dovrebbe dimostrare che non ha nulla da nascondere », scrive il Financial Times (che con Repubblica ha aperto il caso martedì) nel fondo “L’abbellimento finanziario di Roma”: «Suona falsa la posizione del Tesoro, che ha negato che gli swap siano serviti a portare le finanze nell’euro. Roma fa bene a sminuire la portata dei costi, ma uno sforzo per rendere i conti pubblici più trasparenti ci vorrebbe». I giornali tedeschi si sono focalizzati sul presidente della Bce: «La forza creativa di Mario Draghi sembra inesauribile — ha scritto Handelsblatt— ma non sempre raggiunge gli effetti desiderati, come mostrano le attività intraprese al Tesoro». E la Faz scrive: «Il caso è particolarmente piccante dal punto di vista politico, perché all’epoca il presidente della Bce era dg al Tesoro».
Nella corposa relazione sul rendiconto 2012, presentata dal presidente Luigi Giampaolino, la Corte dei Conti ha rimarcato la necessità di rivedere la spesa pubblica, ma superando la logica dei tagli lineari. E di puntare alla crescita e al lavoro, senza cadere in «una disinvolta rinuncia ai progressi fatti nei conti pubblici».
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