Attentato kamikaze in Afghanistan, strage di bambini

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E tutto lascia credere che lo stillicidio di massacri e violenze sia destinato a proseguire: il braccio di ferro per gli assetti del Paese dopo il ritiro della Nato è appena cominciato.
Ieri il primo attentato è avvenuto alle 11 della mattina (ora locale) nel distretto di Samkani, nella regione di Paktia, al confine con le zone tribali pachistane. Per una sfortunata coincidenza la scuola locale fa uscire gli studenti per la pausa pranzo proprio mentre un convoglio di militari del Nuovo esercito afghano (Ana) transita assieme ad alcuni veicoli americani. È infatti proprio in quel momento che un kamikaze a bordo di una motocicletta si fa saltare in aria. Il bilancio di sangue è terribile: 10 studenti morti, altri 25 feriti. Con loro perdono la vita anche due soldati Usa e uno afghano. Poco dopo un’altra esplosione causa la morte di quattro donne della stessa famiglia assieme a due bambini piccoli e un uomo. Con la loro vettura si erano recati a raccogliere legna su di un tratturo remoto nella regione di Laghman, più settentrionale rispetto a quella di Paktia, ma egualmente caratterizzata dalla forte presenza di basi talebane. Pare che siano transitati su una mina piazzata dalla guerriglia.
Ad alimentare la tensione è il tentativo talebano di vanificare la strategia Nato, tutta focalizzata ora nel dimostrare la solidità del passaggio delle consegne alle nuove forze di sicurezza afghane. Entro il 20 giugno dovrebbe giungere l’annuncio per cui l’intero Paese sarà passato formalmente sotto il controllo della polizia e l’esercito nazionali. Un processo che ricorda il ritiro americano dall’Iraq a tappe tra il 2010 e 2011. Gli attuali oltre 330 mila uomini delle forze di sicurezza afghane (dovrebbero raggiungere quota 352.000 nei prossimi mesi) saranno impiegati sempre più sul campo, con i circa 100 mila soldati Isaf rimasti relegati progressivamente al ruolo gregario di sostegno e intervento rapido in caso di bisogno. «Siamo fiduciosi. Entro pochi mesi i militari afghani saranno in grado di stare in piedi da soli. Già ora l’80 per cento delle violenze è concentrato dove risiede solo il 20 per cento della popolazione», ci aveva dichiarato tre settimane fa il portavoce Isaf a Kabul, brigadiere generale del contingente tedesco Gunter Katz. Tuttavia, sul campo la situazione appare caratterizzata da una crescente destabilizzazione con sempre più strade importanti e intere province coinvolte nelle violenze. Conseguenza immediata è che cresce il numero delle vittime afghane. «Il 75 per cento dei morti civili sono causati dagli attacchi talebani», osservano ai comandi Nato. Diminuiscono i morti tra i soldati Isaf, dall’inizio dell’anno a metà maggio erano 58 contro i 153 nello stesso periodo del 2013, ma crescono quelli tra le forze afghane: 441 nei primi 5 mesi del 2013, il doppio rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
Lorenzo Cremonesi


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