«Aerei privati e una marea di soldi Dall’Islanda, il mio SOS per Snowden»
L’operazione di Olafur Sigurvinsson è scattata circa una settimana fa. L’imprenditore islandese di 48 anni, proprietario di tre compagnie di software e web hosting, padre di 5 figli e patito di motocross, è un sostenitore di Wikileaks che dal 2010 raccoglie fondi per l’organizzazione. Quando ha letto l’intervista di Edward Snowden al Guardian, in cui l’ex contractor incriminato per spionaggio per aver svelato i segreti della National Security Agency americana diceva di sperare di rifugiarsi proprio in Islanda perché il Paese difende le libertà personali e di Internet, Sigurvinsson è passato all’azione. Snowden era a Hong Kong. «Ho organizzato tre jet privati per lui in tre diversi aeroporti cinesi, per portarlo in Islanda racconta al telefono al Corriere —. I posti sui vari aerei di linea a suo nome sono stati invece acquistati dall’organizzazione, e quando alla fine è stata scelta Mosca come destinazione, allora ho annullato i jet». Adesso che la «talpa» si trova a tempo indeterminato nell’aeroporto moscovita di Sheremetyevo, e che per la domanda di asilo all’Ecuador potrebbero volerci «settimane» (come ha sottolineato ieri un funzionario) è stato previsto «un numero di opzioni diverse per gli spostamenti, con mezzi pubblici e privati. Ma non è chiaro ancora come e quando partirà», osserva laconico l’imprenditore islandese, che nega di far parte dell’élite di Wikileaks (con Julian Assange, il portavoce e giornalista Kristinn Hraffson e Sarah Harrison che ha volato con Snowden) e si dichiara un modesto «sostenitore». «Aiuto i bambini malati di cancro, ho adottato due minorenni in Africa attraverso l’Unicef, e allo stesso modo sostengo Wikileaks perché combattono per la libertà di espressione».
Da sostenitore, lui continua a mandare soldi: tanti soldi. Il volo privato da Hong Kong all’Islanda aveva un costo stimato di 40 milioni di corone islandesi, circa 250 mila euro. Ma i fondi da lui ricevuti negli ultimi due mesi attraverso il sito Datacell.com (compagnia di cui è stato dirigente) e trasferiti in un conto islandese di Wikileaks sarebbero stati più che sufficienti. Il suo rapporto con l’organizzazione è iniziato «nel 2010, quando gli Usa fecero pressione su Paypal e Amazon perché sospendessero i rapporti con Wikileaks — racconta —. Il mio vecchio amico Kristinn allora mi chiese aiuto. Sono andato a Ginevra a incontrare Assange e Sarah, e ho deciso di offrire loro un portale per ricevere finanziamenti su Internet. Ma dopo due mesi di operazioni, le carte di credito hanno sospeso il servizio senza avviso. Era la sera del 7 dicembre se ben ricordo, e l’ultimo giorno avevamo raccolto 130 mila euro. Allora è iniziata una battaglia legale che si è conclusa lo scorso aprile con la decisione della Corte suprema islandese: ha costretto le carte di credito a riaprire i servizi». Decisione che ha dato nuova linfa vitale a Wikileaks. «Che io sappia ci sono altri tre o quattro siti che accettano fondi con carte di credito per Wikileaks, e poi altre fonti di finanziamento come la vendita di t-shirt, e ovviamente i bonifici diretti».
Più complesso dei soldi potrebbe essere però l’aspetto legale. Mentre i tre jet per l’Islanda aspettavano Snowden, Wikileaks ha fatto richiesta di asilo per lui nel Paese, nella speranza che arrivassero delle garanzie del ministero dell’Interno, come «una conferma dell’asilo e che non verrà estradato negli Stati Uniti, e possibilmente anche la cittadinanza», spiega l’imprenditore. «Ci hanno detto che la sua domanda sarebbe finita alla fine della lista dei richiedenti, ci vorrebbero mesi. E poi ci sarebbero state pressioni politiche». L’isola di 320 mila abitanti spesso visitata da Assange e dove fuggì anche il campione di scacchi Bobby Fisher dopo aver violato le sanzioni Usa contro la Jugoslavia (partecipando ad un torneo) potrebbe insomma non essere ormai il rifugio più sicuro. Anche se il Partito dei Pirati ha già promesso protezione a Snowden, il governo — che ha virato a destra ad aprile — si è mosso con cautela, facendo pensare che non sia pronto a inimicarsi Washington. Lo stesso Snowden ha detto di temere che il governo americano possa «fare pressione più duramente e velocemente» sul piccolo Paese. E dopotutto lo stesso Assange è chiuso nell’ambasciata ecuadoregna di Londra anziché godersi l’eterna luce dell’estate islandese. Mentre il Venezuela fa sapere di essere disposto a valutare l’asilo, da Reykjavík però almeno arrivano soldi. Utili per vitto e alloggio: in aeroporto non costa poco .
Viviana Mazza
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