Ed è boom di vendite dei gas lacrimogeni
L’immagine di piazza Taksim lastricata di candelotti di lacrimogeni e oscurata da nuvole acide è ancora viva. Ma non tutti sono preoccupati. C’è chi segue la situazione con un occhio particolare: i produttori delle cosiddette «armi non letali». La Turchia è infatti fra i Paesi che hanno contribuito al boom di vendite dei gas lacrimogeni. In venti giorni di proteste la polizia ha utilizzato 130 mila cartucce (l’85% di quelle acquistate nel 2013).
Ma si tratta di un affare globale, un autentico «business delle rivolte». Una manna per le compagnie produttrici, che hanno visto triplicare il loro fatturato. Un esempio: il colosso brasiliano «Condor Non-Lethal Technologies» (fornitore del governo Erdogan) ha esteso le vendite a 41 Paesi. L’immensa nube di Gezi Park ha invaso negli ultimi giorni le avenidas del Brasile, che protestava contro gli sprechi per i Mondiali 2014. Prima c’era stata la Primavera Araba, con le sue 21 tonnellate di lacrimogeni utilizzati. E dopo il 2011 gli investimenti sulla sicurezza interna del Medio Oriente sono aumentati del 18%, per un valore di oltre 6 miliardi.
L’Europa non fa eccezione. Il piano «lacrime e sangue» del governo Rajoy ha travolto sanità, educazione e welfare. Ma il budget per i materiali anti-sommossa non ha subito sforbiciate. Anzi, è schizzato da 173 mila euro a oltre 3 milioni (incremento del 1780%).
Anna Feigenbaum, ricercatrice dell’Università inglese di Bournemouth, ha elaborato una mappa che mostra quanto sia diffuso l’uso dei lacrimogeni: dalle rivendicazioni studentesche in Cile alle manifestazioni dei lavoratori in Francia e Belgio, passando per i disordini in India dopo lo stupro di una giovane.
Sempre più utilizzati, poi, sono gli spray irritanti. Il volto sfigurato dalle lacrime di Dorli Rainey, la pensionata di Occupy a Seattle, e la dama rossa di Gezi Park, travolta dagli spruzzi urticanti, sono istantanee simbolo che hanno fatto il giro del mondo.
L’etichetta «non letale», che campeggia su molti loghi dei produttori, è al centro di un grande dibattito. «I lacrimogeni sono studiati per creare impedimenti temporanei e non causare danni irreversibili», si difendono. Ma il confine della pericolosità – replicano le associazioni dei diritti umani – è determinato dall’utilizzo. «Spesso vengono usati illegalmente, sparati ad altezza d’uomo o in luoghi chiusi: possono causare aborti, danni permanenti alla vista e perfino la morte. Lo dimostrano i 34 decessi registrati durante le rivolte del 2011 in Bahrein», spiega Riccardo Noury, portavoce italiano di Amnesty International.
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