by Sergio Segio | 25 Giugno 2013 6:51
PARIGI — «Nel dubbio, dà la colpa a Barroso», è la regola non scritta della politica francese degli ultimi mesi. È facile e non impegna, perché pochi leader europei sono giudicati incolori, inefficaci e impopolari come il presidente della Commissione. Ma Barroso ora si è stufato, e ieri si è arrivati allo scontro aperto tra Parigi e Bruxelles.
Il litigio da tempo sotterraneo è scoppiato quando il ministro francese del Rilancio produttivo, Arnaud Montebourg, ha detto domenica che «Barroso è il carburante del Front National. Ecco la verità. È il carburante di Beppe Grillo». Secondo Montebourg, l’avanzata dei populismi in Europa «dipende dal modo in cui l’Unione Europea esercita una pressione considerevole su governi eletti democraticamente».
Colpa di Barroso, insomma, se all’elezione parziale di Villeneuve-sur-Lot il candidato socialista è stato eliminato al primo turno e al ballottaggio di domenica l’uomo del Front National, Etienne Bousquet-Cassagne, ha sfiorato la vittoria. Colpa di Barroso, secondo Montebourg. E non dell’ex compagno di partito e di governo Jérôme Cahuzac, costretto a dimettersi da tutte le cariche, compresa quella di deputato di Villeneuve-sur-Lot, perché da ministro del Budget conduceva severe battaglie contro la frode fiscale mantenendo al sicuro i soldi in Svizzera.
José Manuel Barroso ha pensato che poteva bastare, e ieri ha risposto attaccando Montebourg e la Francia. «Certi sovranisti di sinistra dicono esattamente le stesse cose dell’estrema destra — ha detto durante una conferenza stampa a Bruxelles —. Certi responsabili politici dovrebbero capire che non è attaccando l’Europa, o cercando di fare della Commissione europea il capro espiatorio delle loro difficoltà, che andranno molto lontano».
Dietro al conflitto ci sono molte ragioni, non tutte legate ad alte differenze ideologiche che pure esistono tra Barroso, liberale di centrodestra, e la maggioranza socialista che governa a Parigi. Dopo due poco lusinghieri mandati a Bruxelles, Barroso ha già cominciato a muoversi per ottenere il posto di segretario generale delle Nazioni Unite. Ha bisogno dell’appoggio degli Stati Uniti, e forse anche per questo settimane fa, parlando con l’Herald Tribune , ha definito brutalmente «reazionarie» le idee della Francia sull’eccezione culturale, abbracciando le posizioni anglosassoni.
Parigi, da parte sua, continua con le sue eterne ambiguità sull’Europa. Come ai tempi di Sarkozy (che quasi venne alle mani con Barroso a proposito dei Rom), la Francia detesta il «burocrate portoghese» ma le fa comodo che ci sia lui, uomo senza carisma, a capo della Commissione: meglio che il potere resti il più possibile nelle mani del Consiglio, cioè dei governi nazionali. Il presidente Hollande rilancia un vago progetto di «unione politica europea», e subito si infuria — «sappiamo noi come fare» — se la Commissione osa esprimere le sue raccomandazioni alla Francia (in cambio di due anni in più per l’obiettivo del 3%). Dare la colpa a Barroso ha funzionato a lungo ma il punching ball non è più disposto a prendere colpi.
Stefano Montefiori
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