«Contratti, si cambia con gli accordi» Riforma Fornero, la frenata di Bonanni

by Sergio Segio | 25 Giugno 2013 6:45

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Fino a pochi giorni fa sembrava che uno dei punti fermi del decreto legge dovesse essere la sperimentazione di due anni e mezzo sulla cosiddetta flessibilità in entrata. E cioè un’inversione di marcia rispetto alla riforma Fornero dell’estate scorsa, che avrebbe portato di nuovo ad accorciare a 10 e 20 giorni le pause fra i contratti a termine, ad allargare le maglie dei contratti senza causale e a facilitare l’apprendistato anche abbassando le percentuali di assunzioni obbligatorie. Ma nell’incontro di ieri mattina con Enrico Letta, i sindacati hanno puntato i piedi su questa ipotesi, sostenendo che si rischierebbe di incentivare di nuovo la precarietà. Va bene correggere la Fornero, hanno detto, ma senza spazzare via tutto per decreto legge.

«Se davvero l’Expo può essere l’occasione per far girare il vento dell’economia — ha detto il segretario della Cisl Raffaele Bonanni — facciamo un accordo tra sindacati e imprenditori ma solo su questo evento, lasciando libertà di scelta alle parti sociali su tutto il resto». Potrebbe essere questa la scelta finale del governo, anche se il premier Letta e il ministro Giovannini non hanno ancora sciolto la riserva e il pendolo della decisione continua ad oscillare. Ma il cambio di programma sicuramente non piacerebbe agli imprenditori, che avevano chiesto una terapia choc per arrestare il crollo dell’economia. E nemmeno al Pdl che, con il presidente della commissione Lavoro del Senato ed ex ministro, Maurizio Sacconi, parte all’attacco: «Se il governo dovesse davvero rinviare la scelta alle parti sociali, il pacchetto corrisponderebbe alla secca conferma della legge Fornero e il suo impatto sarebbe pari allo zero». Resta ancora un giorno per trovare il punto di caduta finale, non solo sulla flessibilità ma anche sulla riforma dei centri per l’impiego e sulle nuove regole per la social card. Così come per trovare le risorse necessarie.

Al momento l’unico punto fermo è il miliardo di euro che potrà essere usato nel Mezzogiorno, per ridurre tasse e contributi sulle nuove assunzioni a tempo indeterminato dei giovani con meno di 30 anni. E già questo è un risultato niente affatto scontato visto che il ministro per la Coesione territoriale, Carlo Trigilia, è riuscito a fare in modo che quei soldi, teoricamente vincolati da Bruxelles a Sicilia, Calabria, Campania e Puglia, siano utilizzabili anche in altre quattro Regioni del Sud, e cioè Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Molise. Ma anche dopo questa legittima forzatura, abbiamo in tasca l’ok sia di Bruxelles sia di tutti i governatori, resta ancora il problema di trovare la copertura per tutto il Centronord, per il quale abbiamo bisogno di risorse nazionali. L’obiettivo resta quello di trovare un altro miliardo ma viene definito ottimistico, tanto che al momento si ipotizza una cifra di almeno 200 milioni di euro.

Qui la partita si intreccia al capitolo Iva e le ipotesi sulle coperture sono ancora le più diverse, dalle accise sulla benzina alla tassa sulle sigarette elettroniche. Le strade della lotta all’evasione fiscale e dei tagli alla spesa pubblica, richiamate ieri nell’incontro con i sindacati, sono anche percorribili ma non possono certo dare risultati in tempi brevi. Forse nemmeno per la seconda parte del pacchetto lavoro, che dovrebbe arrivare dopo l’estate con il taglio del cuneo fiscale. Un capitolo ancora tutto da scrivere, questo. Ma sul quale già si capisce che il problema sarà sempre quello dei soldi. Difficile pensare ad un taglio generalizzato, probabilmente le risorse saranno concentrate sulle aziende che investono.

Lorenzo Salvia

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