Sindacati in pressing sul governo tempi più lunghi sul lavoro flessibile
ROMA — E’ stallo tra governo e sindacati alla vigilia del varo del pacchetto di lavoro previsto per il consiglio dei ministri di domani, mentre si va verso un rinvio di tre mesi dell’aumento dell’Iva. Il premier Enrico Letta ha incontrato ieri a Palazzo Chigi per due ore i leader delle tre confederazioni, Susanna Camusso (Cgil), Raffaele Bonanni (Cisl) e Luigi Angeletti (Uil). Ma l’atteso via libera da parte delle organizzazioni dei lavoratori non è arrivato, tanto è vero che in serata i tre segretari generali hanno avuto un nuovo round con il ministro del Lavoro Enrico Giovannini . «Bene il segnale, ma un miliardo è poco», ha detto Bonanni. «Nessun dettaglio sulle risorse», ha osservato Angeletti. I tre sindacati hanno tuttavia apprezzato l’impegno di Letta sul bonus occupazione e sugli esodati.
Il nodo principale resta quello della flessibilità per i contratti a termine: attualmente è prevista una pausa di 60-90 giorni tra un contratto e un altro, il governo vorrebbe ridurla a 10-20 e in questo modo, dicono i sindacati, l’interruzione sarebbe talmente breve da configurare un rapporto di lavoro continuativo e non più a termine. Stesso discorso per le «cause» che devono sussistere per poter stipulare un contratto a tempo determinato: anche in questo caso le proposte del governo renderebbero, secondo i sindacati, l’accesso ai contratti a termine eccessivamente facile. Il terzo nodo, forse quello più importante, al quale Cgil-Cisl-Uil condizionano l’apertura sull’aspetto normativo è quello delle risorse: il governo avrebbe difficoltà a reperire fondi aggiuntivi rispetto al miliardo dei fondi europei che comunque sindacati e Confindustria ritengono insufficiente.
Di conseguenza si cerca di trovare una quadratura prima del varo di domani, magari con la riserva di varare un decreto «aperto» in modo da poter intervenire con deleghe o in sede parlamentare, dopo una serie di incontri con le parti sociali che partiranno dai primi di luglio.
Intanto si va verso un rinvio di tre mesi, dal costo di un miliardo, dell’aumento dell’Iva che scatterà il 1° ottobre. L’ipotesi di una sterilizzazione di tre mesi sarà prima al vaglio politico – il premier Letta la valuterà con i leader dei partiti di maggioranza, incontrando dopo Mario Monti anche Guglielmo Epifani e Silvio Berlusconi – quindi passerà alla decisione del consiglio dei ministri di domani. Lo slittamento consentirà di avere più tempo per il recupero delle risorse.
Come ricordato da Letta domenica la situazione resta a rischio e anche Bruxelles tiene gli occhi aperti. «L’importante è che qualunque alternativa sia finanziata in modo credibile», ha detto il portavoce del commissario agli Affari economici Olli Rehn rispondendo ad una specifica domanda sull’Iva. Certo il lavoro dei tecnici non è facile: le coperture prevederebbero un
puzzle di misure, che come al solito potranno subire modifiche fino alla fine. Si sarebbe raggiunto l’importo di 1 miliardo, quello che consente uno stop all’aumento per il trimestre lugliosettembre. Ma il problema si riproporrà dopo l’estate con la prima rata Imu del 17 settembre e l’aumento dell’Iva del 1° ottobre: con il vantaggio che la legge di stabilità sarà vicina e che i margini per intervenire sul bilancio dello Stato saranno più ampi.
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Venticinquemila persone ogni giorno muoiono di fame o a causa di malattie legate alla fame. È la punta dell’iceberg di una condizione quotidiana che vede un miliardo di persone malnutrite. Mentre questa strage si rinnova, in tutto il mondo i prezzi dei prodotti alimentari sono soggetti a variazioni estreme. Dal giugno 2010 a oggi, i prezzi del grano e del mais sono di nuovo raddoppiati. Parallelamente, nei mercati delle commodity, da Chicago a Singapore a Johannesburg, le operazioni in derivati sulle materie prime e sui beni alimentari hanno fatto registrare, nel 2010, aumenti del 10-20% rispetto all’anno precedente.