C’è chi evoca le elezioni Il premier punta su Imu e Iva

by Sergio Segio | 25 Giugno 2013 6:17

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ROMA — Letta sa che la sentenza di condanna per Berlusconi è una sentenza che forse condanna anche il suo governo. Non è sull’Iva o sull’Imu che potrebbe cadere, se è vero che nel giro di consultazioni alla vigilia del Consiglio dei ministri di domani, il premier ha infatti spiegato che «esistono le condizioni per intervenire» su questi due temi: se ci fosse «unità politica e il supporto delle forze di maggioranza in Parlamento», si potrebbero mettere in atto «tagli fattibili per sette miliardi», che consentirebbero di recuperare risorse utili anche per agire sul cuneo fiscale.

Ma il punto è un altro. Il «terno al lotto» — così lo definisce Letta — a cui sono legate le sorti delle larghe intese è dettato da fattori esterni alle dinamiche di governo, dalla reazione di Berlusconi alla decisione del Tribunale di Milano, dal disgusto del Cavaliere verso tutto e tutti, e che ieri pomeriggio lo ha portato a meditare persino l’addio da tutto e da tutti. E dietro lui un partito, senza distinzione alcuna, che nei ragionamenti di Schifani è ormai consapevole di quale sia «il chiaro disegno»: cancellare il centrodestra dalla geografia politica.

Chissà se oggi Berlusconi andrà all’appuntamento con il presidente del Consiglio, se riuscirà a svestire il volto corrucciato del condannato per indossare i panni propositivi e ottimisti di azionista di governo. Di sicuro ieri, prima ancora che la sentenza fosse nota, erano iniziati i sondaggi tra partiti, contatti riservati ai massimi livelli durante i quali si è discusso di elezioni. Monti è contrario, così ha fatto sapere, e insieme a lui anche altre forze hanno esortato il Pdl a meditare per evitare l’azzardo. Ma di tempo ce n’è poco se davvero gli uomini del Cavaliere volessero spingersi verso le urne.

 

E il passo è a un passo, sta nel modo in cui Alfano ieri ha commentato la condanna di Berlusconi, e cioè da segretario del Pdl, come a mettere una distanza — suo malgrado — tra sé e il governo. Il vicepremier si è speso per trovare soluzioni di compromesso sui temi economici, in un rapporto costruttivo con Letta. Le dinamiche giudiziarie, però, lo scontro ventennale che giunge a conclusione, sono correnti troppo forti per potersi opporre. Non è dato sapere se ci siano ancora dei margini per evitare la crisi, e se il Cavaliere intenda aprirla. Anche perché le variabili sono numerose e non è scontato che la rottura porterebbe alle elezioni in autunno.

Di là, nel Pd, Renzi attende con interesse che Berlusconi faccia saltare il banco, lo si è capito ieri dal modo in cui i parlamentari a lui vicini hanno rotto l’embargo del partito sulla sentenza. Così nel Pdl valutano se Renzi o lo stesso Letta potrebbero intestarsi un altro esecutivo, che nascerebbe con la giustificazione di modificare la legge elettorale. In quel caso un nuovo blocco di maggioranza, con il centrodestra reso marginale e ininfluente, potrebbe restaurare il Mattarellum, che suonerebbe come una condanna definitiva anche per le prospettive future dell’area berlusconiana.

Come non bastasse, i sondaggi che già oggi evidenziano il sorpasso del centrosinistra, potrebbero peggiorare se il Pdl dovesse rompere la maggioranza sul tema della giustizia. Ecco allora perché ieri Letta ripeteva che «non c’è alternativa a questo governo», e non solo perché a porre il timbro della sua nascita è stato il presidente della Repubblica. Stretti nella morsa, il Cavaliere e il suo gruppo dirigente devono al più presto assumere una decisione, che però corrisponderebbe a un’altra sentenza: se il Pdl decidesse di andare avanti con il governo, e Berlusconi venisse condannato in via definitiva in autunno dalla Cassazione, l’era di Sua Emittenza tramonterebbe ufficialmente; se invece optasse per le elezioni, non solo non è detto che le otterrebbe ma dovrebbe fare i conti con Renzi, pronto alla sfida.

Ecco il bivio, che condanna di fatto anche il Paese. Perché nel frattempo — a sentire l’ex ministro dell’Economia Tremonti — è arrivato nel famoso «videogame della crisi, il terzo mostro», che non è il rialzo dello spread ma l’impennata dei tassi d’interesse: «E se per la Germania questo è un problema, per l’Italia rischia di diventare un dramma. È da fuori che sta arrivando la tempesta». Quella giudiziaria si sta già abbattendo sul Palazzo.

Francesco Verderami

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