by Sergio Segio | 19 Giugno 2013 7:27
ROMA — Contratti a termine più facili fino alla fine del 2015, l’anno dell’Expo di Milano, l’evento al quale il governo spera di agganciare la ripresa dell’economia. Per il momento è questo il punto fermo del decreto legge al quale sta lavorando il ministro del Lavoro Enrico Giovannini per rilanciare l’occupazione. Sul resto si continua a discutere e molto dipende anche dagli equilibri interni alla maggioranza, ancora in movimento specie sui dossier economici. Dopo il suo invito a sforare i parametri di Bruxelles, e la successiva frenata di Palazzo Chigi, ieri Silvio Berlusconi ha giurato nuovamente fedeltà ad Enrico Letta: «Il mio appello deve essere inteso come un incitamento e un incoraggiamento all’attività di quel governo che stiamo sostenendo con assoluta lealtà».
Tensioni oppure no, il pacchetto Giovannini vede sul tavolo ancora diverse ipotesi. Ed è probabile che ci sia uno slittamento di qualche giorno, con l’approdo in consiglio dei ministri non venerdì, come previsto finora, ma nei primissimi giorni della prossima settimana. Non solo per dare la precedenza assoluta al congelamento dell’Iva. Ma anche perché sabato i sindacati saranno in piazza a Roma per una manifestazione programmata proprio sul lavoro. E il governo vuole evitare, per quanto possibile, l’effetto contrapposizione.
Se è chiaro che l’allentamento delle regole sui contratti a termine durerà fino alla fine del 2015, non è ancora certo come questo allentamento verrà realizzato. Le associazioni degli imprenditori, che ieri hanno incontrato Giovannini, premono per un azzeramento delle pause fra un contratto e l’altro, che la riforma Fornero dell’estate scorsa aveva allungato a 60 o 90 giorni. Mentre Giovannini vorrebbe non azzerarli ma riportarli a 10 o 20 giorni, come erano prima della riforma Fornero. Le imprese vorrebbero alleggerire anche la causalità del contratto a termine, introdotta per frenarne l’abuso, ed oggi non richiesta solo per il primo rapporto di lavoro. Ma il governo sembra voler rimettere la decisione alla contrattazione, cioè agli accordi fra i sindacati, che sarebbero contenti, e gli imprenditori, che lo sarebbero meno. Anche sull’apprendistato il punto di caduta non c’è ancora, bisogna decidere se abbassare oppure no la percentuale di apprendisti da assumere obbligatoriamente alla fine del contratto. Il solito tira e molla di ogni trattativa, insomma. Mentre sui soldi per gli incentivi alle assunzioni dei giovani, molto dipende da come si chiuderà il capitolo Iva. E anche su questo tavolo le ipotesi sono ancora diverse.
L’obiettivo del governo è far slittare a dicembre l’aumento che altrimenti scatterebbe dal primo luglio. Ma c’è anche un piano B, con un rinvio di soli tre mesi che costerebbe la metà, un miliardo di euro. Questi soldi andrebbero trovati o con l’aumento delle accise o con altri tagli, mentre è più difficile che arrivino dalla spending review e tanto meno dall’Iva sui pagamenti della pubblica amministrazione. Il secondo miliardo, necessario per coprire gli ultimi tre mesi dell’anno, andrebbe invece coperto con la delega fiscale, il progetto che contiene anche lo sfoltimento delle detrazioni preparato dal governo Monti, sul quale il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni ha detto di voler accelerare.
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