Sì all’espulsione della Gambaro e i gruppi grillini si spaccano “Sulla sua sorte deciderà la Rete”

by Sergio Segio | 18 Giugno 2013 7:44

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ROMA — I panni sporchi si lavano in famiglia. A porte chiuse e soprattutto senza streaming. Per i grillini alle prese con l’epurazione di Adele Gambaro è una giornata drammatica. A sera, al termine di un doloroso psicodramma collettivo, si arriva alla resa dei conti. La senatrice, di fronte all’assemblea congiunta dei parlamentari, legge una lettera in cui – pur dicendosi dispiaciuta – ribadisce le critiche a Grillo e giura di voler restare nel gruppo. Poi va via. Vito Crimi, gelido, formalizza comunque la richiesta di espulsione. Da affidare alla Rete. Ma i grillini si spaccano. E alle 23 un tweet di Claudio Messora annuncia che la proposta passa con 79 sì, 42 contrari, 9 astenuti, 30 assenti.
Non è la prima volta che il Movimento cinque stelle si spacca. Ma mai così, alla luce del sole. Già le interviste del mattino raccontano di un mondo che va in frantumi. Il deputato Tommaso Currò fissa i paletti: «La libertà di esprimere una critica deve essere indiscutibile». La senatrice Serenella Fucksia gli dà man forte: «L’espulsione? Sarebbe un errore così grave…». Eppure, il movimento imbocca proprio la via dell’epurazione. Nonostante le resistenze della maggior parte dei senatori.
A Palazzo Madama i compagni di scranno di Gambaro cercano di fermare l’ingranaggio. Si riuniscono in streaming. Implorano di evitare il voto. Ma il capogruppo Nicola Morra e Crimi tirano dritto. E si arriva alla resa dei conti di Montecitorio. Senza diretta web, bocciata dai parlamentari.
Il caso Gambaro diventa soprattutto lo spartiacque di un’intera comunità politica. E i rapporti personali si sgretolano. Volano parole grosse, come quelle riservate da Manlio Di Stefano alla collega Paola Pinna. Una che ha osato criticare il Capo. Il deputato parla di «cosetta dei Miserabili », ricorda che Pinna è «laureata disoccupata che viveva con i genitori a Quartucciu, Cagliari». Poi lancia la scomunica: «Tu scegli di far parte di quella casta di paraculi che il tuo Paese, votandoti, ti aveva supplicato di togliergli dai piedi». Pinna, a Piazzapulita, tiene il punto: «C’è un clima da psico-polizia».
I sospetti incrociati spazzano via tutto il resto. E in tanti gettano benzina sul falò. Luigi Di Maio, ad esempio: «Compravendita? C’è il sospetto che ci sia». I gruppi di Camera e Senato duellano senza tregua. Nuti azzarda una previsione: «Penso che alcune persone lasceranno». Da Palazzo Madama Maurizio Romani replica infuriato: «Per Nuti chi vota contro è fuori? Io voglio le sue scuse.
Queste cose non deve dirle».
E invece le dice, come fa il resto dell’ala dura del M5S. Dipingono un assedio, confidano stati d’animo foschi. Morra, ad esempio: «Questi sono stati i giorni più brutti della mia vita». Oppure il senatore Maurizio Buccarella, che è come se parlasse nel bel mezzo di un campo di battaglia: «Siamo in guerra» e «scivolate del genere aprono squarci immensi nelle trincee in cui siamo asserragliati ».
La Rete osserva, giudica. E non perdona. Sul blog del Fondatore è un diluvio di commenti. La maggioranza ha già scelto: pollice verso per la senatrice e nuovo inizio. Qualcuno esprime dubbi. Ma i duri insistono. Morra prova a mettere un freno: «Se qualcuno si azzarda a fomentare minacce sulla rete è fuori dal Movimento». Poi, sfinito, chiede che la Rete giudichi anche il suo operato. Giovanni Favia, un “ex” grillino di peso, osserva da lontano la resa dei conti. E non sembra turbato: «I gendarmi sono in grossa difficoltà, andranno in minoranza. Con loro, Grillo e Casaleggio».

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