Il Regno Unito spiò gli ospiti del G20

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Le comunicazioni dei politici e dei funzionari diplomatici ospitati nel 2009 a Londra per due incontri del G20 furono spiate dal Government Communications Headquarters (GCHQ), l’agenzia governativa britannica che si occupa di spionaggio e controspionaggio nel settore delle telecomunicazioni. La notizia è stata diffusa nella serata di domenica 16 giugno dal Guardian, il giornale che nelle scorse settimane ha pubblicato gli scoop sui tabulati telefonici raccolti dalle autorità statunitensi e su PRISM, il monitoraggio delle comunicazioni su Internet effettuato dalla National Security Agency (NSA). Il Regno Unito ospiterà tra lunedì 17 e martedì 18 giugno un nuovo vertice del G8, e le informazioni diffuse su come andarono le cose nel 2009 potrebbe complicare i rapporti di diverse delegazioni con il governo del paese ospitante.

In passato si era ipotizzato più volte che durante gli incontri del G8 e del G20 esistessero attività di spionaggio e controspionaggio, da parte delle delegazioni e dei paesi ospitanti, per ottenere qualche vantaggio e conoscere i piani di alcuni politici prima di raggiungere particolari accordi.
Le agenzie di intelligence del Regno Unito, del resto, sono autorizzate a controllare e monitorare le attività di individui stranieri, diplomatici compresi, grazie all’Intelligence Services Act, una controversa legge approvata nel 1994. Finora però si era sempre trattato di illazioni, impossibili da verificare. Il Guardian ha ottenuto documenti e informazioni sulle attività di controllo al G20 del 2009 grazie a Edward Snowden, la fonte dell’inchiesta sul caso PRISM.

Il piano, a quanto pare, fu messo in piedi da alcuni funzionari dell’allora governo laburista di Gordon Brown e le informazioni ottenute spiando gli ospiti furono poi trasmesse a diversi ministeri. L’incontro dell’aprile del 2009 del G20 era volto principalmente a trovare soluzioni per la crisi finanziaria e bancaria, iniziata l’anno precedente, e il governo britannico voleva essere certo che i suoi ospiti fossero concretamente disposti ad affrontare il problema, attuando dove necessario nuove politiche economiche nei loro rispettivi paesi. I documenti riservati ottenuti dal Guardian danno conto di diverse operazioni effettuate nel 2009 per lo spionaggio al G20.

1. Furono allestiti finti Internet point per i delegati – realizzati dal GCHQ, dal Secret Intelligence Service (MI6) e da altri organismi di spionaggio – fornendoli di connessioni monitorate, volte a ottenere informazioni sul traffico online e forse le credenziali di accesso alle caselle email di chi utilizzava i computer.

2. Fu organizzato un sistema di intercettazione per superare i protocolli di sicurezza dei BlackBerry, che avrebbe reso possibile il controllo dei messaggi email e delle telefonate effettuate. Il Guardian non dà molte altre informazioni in merito per capire quanto il sistema fosse approfondito e funzionante.

3. Il ministro delle Finanze turco, Mehmet Simsek, insieme con altri 15 membri della sua delegazione, fu uno dei principali obiettivi del sistema di controllo a un successivo incontro del G20, organizzato sempre in Gran Bretagna nel 2009, ma a settembre e dedicato ai soli ministri dell’Economia. Nei documenti si dice esplicitamente che il ministro turco fu spiato per “verificare la posizione della Turchia sull’accordo raggiunto ad aprile” e “la volontà (o meno) di collaborare con le altre nazioni del G20?.

4. Un gruppo di almeno 45 analisti ebbe a disposizione un sistema di rilevazione in tempo reale delle comunicazioni, per sapere sempre chi stesse chiamando chi durante gli incontri del G20 di settembre. Queste informazioni, dice il Guardian, furono proiettate sul megaschermo della centrale operativa del GCHQ e sui monitor degli analisti, ognuno dei quali aveva l’incarico di seguire un certo numero di delegati. In un documento riservato si legge che “per la prima volta, gli analisti hanno avuto un quadro completo di chi stesse parlando e con chi, che si aggiornava costantemente e istantaneamente”. È probabile che il sistema tenesse traccia delle chiamate ma non avesse comunque accesso al loro contenuto.

5. L’agenzia statunitense NSA cercò di intercettare le comunicazioni di Dimitri Medvedev, all’epoca presidente della Russia, con propri agenti nel Regno Unito. Stando ai documenti forniti da Snowden al Guardian, oltre al paese ospitante, erano al corrente dell’operazione anche l’Australia, il Canada e la Nuova Zelanda. Medvedev arrivò a Londra il primo aprile, e stando ai documenti la NSA iniziò quello stesso giorno a intercettare la delegazione russa. Poche ore prima Medvedev si era incontrato per la prima volta con Barack Obama, che aveva iniziato da poco il suo primo mandato alla Casa Bianca. Non è però chiaro quali informazioni abbia ottenuto l’NSA durante la propria attività di spionaggio al G20 del 2009. Di certo, si sa che gli agenti dell’inteligence notarono un cambiamento nel modo di comunicare della delegazione con “segnali inviati dall’ambasciata russa di Londra” e messaggi che si crede fossero legati alla visita di Medvedev.

Le informazioni ottenute spiando politici e delegati furono diffuse rapidamente ai partecipanti britannici agli incontri del G20, almeno stando a quanto riferisce il Guardian. In questo modo il paese che ospitava i summit ebbe un notevole vantaggio nelle trattative, avendo notizie più approfondite sulle effettive intenzioni dei paesi ospitati.

Il Guardian ha anche ottenuto un messaggio interno, inviato la settimana dopo il G20 di settembre da un gruppo di analisti alla divisione del GCHQ che si era occupata del sistema di monitoraggio in diretta: «Molte grazie per avere reso disponibile l’applicazione in tempo per l’incontro del G20 della settimana scorsa. Il registro delle chiamate è stato un successo e si è rivelato utile come indicatore delle attività dei delegati. Si è rivelato utile per capire quale delegazione fosse attiva nei momenti prima, durante e dopo l’incontro. Nel complesso, un fine settimana molto apprezzato per il piano di controllo delle telefonate delle delegazioni».

Le informazioni diffuse dal Guardian potrebbero avere qualche conseguenza per l’attuale primo ministro britannico David Cameron, che sta per incontrare i capi di stato degli altri paesi che fanno parte del G8: oltre al Regno Unito, Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Russia e Stati Uniti (più un rappresentante dell’Unione Europea). L’incontro è stato organizzato nell’Irlanda del Nord e si parlerà principalmente di tasse e commercio, trasparenza dei governi e probabilmente della guerra in Siria, in seguito alla conferma da parte degli Stati Uniti sul fatto che il regime di Bashar al Assad abbia usato armi chimiche contro i ribelli.


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