«Destra e sinistra insieme L’alleanza deve durare»

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ROMA — «La collaborazione tra destra e sinistra dopo decenni di contrasti spero possa durare, deve durare e spero che il governo perseveri su questa strada per uscire dalla crisi. Il decreto del fare approvato sabato dal Consiglio dei ministri è un grande risultato, sono molto soddisfatto». Berlusconi rompe il riserbo che da un po’ si è imposto per salutare positivamente le misure prese dall’esecutivo nella riunione-fiume. Il Cavaliere ne parla in un’intervista a Studio Aperto e ripete gli stessi concetti in una serie di tweet, in modo che il suo pensiero sul futuro del governo risulti chiaro, sgombrando così dal tavolo ogni possibile dubbio su un eventuale disimpegno del Pdl. Anzi. Dopo avere fatto i complimenti «ai ministri che si sono battuti per introdurre nel decreto legge misure che avevamo sostenuto in campagna elettorale», li incalza ricordando che «gli interventi su Equitalia sono un buon inizio, ma si dovrà continuare su questa strada». Berlusconi è molto netto al riguardo. E le sue parole sono uno sprone rivolto all’intero esecutivo: «Gli 8 miliardi, 4 per l’Imu e 4 per l’Iva, si devono trovare, è impossibile che non si trovino». L’ex premier allude alla possibilità che tale somma possa essere recuperata attraverso interventi sulle varie voci della spesa pubblica. Il punto di vista di Berlusconi (e di tutto il Pdl) è molto chiaro: l’Imu dovrà essere abolita definitivamente e l’Iva non dovrà essere aumentata.
Dall’altro lato, nel campo del centrosinistra, il segretario del Pd Epifani, a sua volta, commenta con favore i provvedimenti presi dal governo che, sottolinea, «vanno nella direzione giusta e meritano apprezzamento: pur in un contesto di ristrettezze finanziarie, il governo è riuscito a varare misure di semplificazione e di sostegno all’economia». Insomma, sintetizza Epifani, «è un passo in avanti in attesa che il vertice europeo di questa settimana vari un programma per il lavoro, in particolare giovanile». Apprezzamento sia pure parziale giunge dal grillino Crimi. «Nel decreto — elenca — troviamo alcune proposte che hanno fatto parte del nostro programma, quali l’impignorabilità della prima casa, lo sblocco dei fondi della Cassa depositi e prestiti per finanziare piccole e medie imprese e il rilancio dei fondi di garanzia, wifi libero».
Chi invece mostra freddezza sull’intero pacchetto predisposto dal Cdm è il capo leghista Maroni. «A parte il non pignoramento della prima casa — dice entrando nel merito — è una cosa di bandiera. C’è solo una cosa positiva nel decreto, ovvero il finanziamento di risorse per infrastrutture anche in Lombardia. Non c’è nemmeno lo sblocco di 37 milioni di euro per le zone colpite dal terremoto che doveva esserci. È una lacuna molto grave». Maroni, poi, soffermandosi sulle affermazioni fatte da Bersani e riprese anche da Epifani, sostiene che «il segretario del Pd, dicendo che se il governo cade non si torna ad elezioni, vuole affermare che ha in mente un esecutivo diverso con dentro i grillini». Una prospettiva questa che ha allarmato non poco il Pdl. Anche se, come rileva Cicchitto, «un’ipotesi di questo tipo è comunque di per se stessa avventurosa, perché viene presentata come un fallo di reazione». Ma, avverte, «c’è il piccolo particolare che Berlusconi non ha alcuna intenzione di cadere in questa trappola». L’onorevole Bersani, argomenta, è «una tigre di carta quando ipotizza un governo del Pd con i dissidenti grillini». Pdl e Pd, osserva ancora Cicchitto, «sono costretti a governare insieme avendo però la consapevolezza che oggi governare non può voler dire gestire l’ordinaria amministrazione, ma realizzare una serie di cose per rimettere in moto la crescita, dall’Imu alla detassazione sui primi assunti». Analogo il giudizio di Gasparri: «Appaiono patetiche e illusorie le manovre della sinistra attorno alla diaspora grillina. Governi rossi grazie ad ascari intenti a salvare indennità e diarie, sono impossibili. Il solo tentarli può portare a paralisi e crisi, anticamera del voto popolare».


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Quelle 90 poltrone in più per tagliare i parlamentari

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ROMA — L’ultimo a rammaricarsi pubblicamente è stato Gianfranco Fini: «Abbiamo perso una grande occasione. La politica non ha capito che si doveva fare di più, per esempio con il taglio dei parlamentari». Dichiarazione di due mesi fa, quando il presidente della Camera certo ignorava l’esistenza di un’ipotesi suggestiva. Cioè che le politiche di marzo ci potrebbero regalare un numero di eletti addirittura superiore a quello attuale: 1.035 anziché 945. Novanta poltrone in più.

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