«Il decreto non è uno svuota-carceri»

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ROMA — Arriva oggi in consiglio dei ministri il decreto per il riordino delle carceri. E Annamaria Cancellieri, ministro della Giustizia, vuole subito precisare: «Non bisogna pensare che questo sarà un decreto che svuoterà le carceri, per quello servono provvedimenti epocali, strutturali direi, come l’indulto e l’amnistia».
Il ministro Cancellieri ha fatto i conti e dunque spiega perché non si può parlare di decreto svuota carceri: «Il provvedimento messo a punto impedirà l’ingresso nei penitenziari a circa 3-4 mila persone, mentre noi parliamo di un sovraffollamento che ufficialmente nelle nostre prigioni è di 20 mila unità, ma noi sappiamo che è anche di più».
Il decreto che dovrà passare oggi il vaglio di Palazzo Chigi serve ad individuare la tipologia di persone che hanno compiuto reati non socialmente pericolosi, che sono sotto il controllo del giudice e che hanno tutta una serie di garanzie tali da non destare allarme sociale. Secondo Annamaria Cancellieri, queste persone sono tali «da poter espiare pene alternative alla detenzione in carcere».
In realtà nel decreto della Cancellieri dovrebbe essere prevista anche una norma per favorire l’uscita dal carcere di chi sta scontando l’ultima parte della pena. L’obiettivo è di fronteggiare una situazione oggettivamente drammatica, destinata a peggiorare con l’arrivo della calura estiva, arrivando a mettere insieme un totale di circa 10 mila detenuti in meno.
Per capire il fenomeno di cui stiamo parlando: nelle nostre carceri italiane ci sono oggi quasi 66 mila detenuti (65 mila 891 per la precisione) e secondo i calcoli fatti da Antigone, l’associazione che si occupa da molto tempo dei problemi dei detenuti, quasi il 50 per cento del totale sono in sovrannumero. Ovvero circa 30 mila detenuti, secondo i dati di questa associazione.
Un buon terzo del totale sono detenuti stranieri (circa 23 mila), quasi lo stesso numero (24 mila 697) di quelli che sono invece in attesa di giudizio. Oltre 40 mila detenuti (40 mila 118) sono condannati e più di mille (1.176) sono internati.
L’intento di questo decreto è limitare gli ingressi ed evitare il meccanismo delle cosidette «porte girevoli» con i detenuti che entrano ed escono e determinano una presenza media in cella di 20 mila persone per pochi giorni.
Dunque per quanto riguarda gli ingressi in carcere si renderà obbligatorio il ricorso alle misure alternative: detenzione domiciliare oppure affidamento in prova, a seconda dei casi.
Per quanto riguarda le uscite, invece, la scelta di abbassare a 12 mesi gli attuali 18 mesi di residuo pena, periodo che i condannati in via definitiva potranno scontare tra le mura di casa, ha destato critiche e preoccupazioni. In particolare l’Associazione nazionale dei funzionari di Polizia (Anfp) non vede di buon occhio questo decreto del ministro Cancellieri.
Dice Enzo Letizia, segretario dell’Anfp: «Non si può pensare di risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri con l’ennesimo provvedimento emergenziale che inevitabilmente scaricherà sulle forze di polizia l’onere di controllare il rispetto delle prescrizioni degli arresti domiciliari». Secondo Letizia «così facendo verranno distratti ulteriori agenti sia dal controllo del territorio sia dal contrasto alla microcriminalità». Plaude invece al provvedimento Stefania Prestigiacomo, deputata del Pdl: «Bene il decreto Cancellieri e bene anche l’emendamento presentato in commissione del sottosegretario alla Giustizia Ferri per l’applicazione della detenzione domiciliare, che diventa una pena principale e non alternativa».
La Prestigiacomo non ha dubbi: «Finalmente parte l’offensiva sul fronte giustizia, iniziando dall’emergenza delle carceri che vede l’Italia da mesi sotto stretta osservazione e pressione da parte della Corte di Strasburgo che ha concesso al nostro paese un anno di tempo per adeguare le 206 strutture penitenziarie ormai al collasso per un numero eccessivo di detenuti».


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