Pressing di Onu e Ue sul governo di Ankara «Soluzione pacifica»
ROMA — I lacrimogeni capaci di accecare sciogliendo lenti a contatto dei manifestanti e il sangue dovuto alla repressione delle proteste a Istanbul e Ankara inducono occhi del mondo a soffermarsi sulla Turchia. «Le dimostrazioni devono essere pacifiche e le differenze vanno risolte attraverso il dialogo», ha dichiarato un portavoce a nome del segretario generale delle Nazioni Unite. Da Ban Ki-moon è arrivato un «appello alla calma», segno che per la più grande istituzione internazionale nelle piazze turche è aperto un confronto ormai di competenza non soltanto di chi si occupa di politica interna.
Perfino l’alto rappresentante per la politica estera e di difesa dell’Unione europea Catherine Ashton, alla quale vengono di solito addebitati vaghezza e silenzi, è tornata a giudicare la repressione con toni meno timidi rispetto a quelli di altre occasioni.
«Troppi esempi di eccessi da parte della polizia: gas lacrimogeni sparati a distanza ravvicinata, idranti, spray urticanti, proiettili di plastica contro manifestanti che erano per la grande maggioranza pacifici», ha detto Ashton al Parlamento europeo. A suo avviso, questo però non deve spingere l’Unione europea a risposte di chiusura. «Non è l’ora di isolare la Turchia, ma di avvicinarsi di più e fare in modo che Ankara si avvicini di più all’Europa», ha affermato Ashton, pur chiedendo che i responsabili delle cariche dure rispondano davanti alla magistratura turca.
Anche il governo italiano, tramite il ministro degli Esteri Emma Bonino, ha formulato le critiche alla repressione in modo da non incentivare reazioni rigide da parte del primo ministro Recep Tayyp Erdogan. «Nelle piazze e nelle strade si svolge un esame di maturità per il governo turco, che deve dimostrare di tutelare le opinioni di tutte le componenti della società», ha osservato la titolare della Farnesina.
Abituata da radicale sia alle proteste di piazza sia a sostenere le richieste turche di ingresso nell’Ue, Bonino alla Camera si è definita «amica storica della Turchia» e ministro di «uno dei principali partner». «L’uso sproporzionato della forza da parte della polizia e il fermo di alcune decine di avvocati non possono mai essere una risposta accettabile. (…) Lo insegna anche la storia italiana», ha dichiarato. Il ministro ha accusato di miopia chi non vuole Ankara nell’Ue e di «ottica offuscata» chi considera «primavera turca» i cortei contro Erdogan e il suo tradizionalismo islamico. «Taksim non è Tahir», ha detto citando piazze di Istanbul e Cairo. Le proteste turche, è la sua tesi, ricordano più Occupy Wall Street.
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