by Sergio Segio | 8 Giugno 2013 10:45
NEW YORK. — «George W. Obama », titola l’Huffington Post, The New Repubblic è ancora più duro: «Peggio di Bush». Dopo l’editoriale al veleno del New York Times, per il presidente quella di ieri è una mattina di passione. Lo scandalo dei dati spiati, che dalle telefonate si allarga ogni ora di più passando da Internet alle carte di credito lo mette all’angolo. E lui non può aspettare la sera californiana dove vola per incontrare il presidente cinese Xi Jinping e così approfitta di un incontro sulla riforma della sanità per difendersi. Parla per quattordici minuti. Prima di tutto l’appoggio del Congresso: «Deve essere chiaro ai cittadini che gli uomini eletti da loro sono sempre stati tenuti al corrente di quello che accadeva. Non c’è alcun segreto. C’è un’intesa bipartisan ed è tutto perfettamente legale». E subito aggiunge: «Nessuno ascolta le vostre telefonate. L’Agenzia per la sicurezza nazionale raccoglie dati, ma nessuno senza l’autorizzazione di un giudice può avere accesso al contenuto delle conversazioni. E le informazioni prese su Internet non riguardano gli americani». Infine il terzo punto chiave, il tradimento delle sue origini: «Quando sono entrato alla Casa Bianca ho preso due impegni davanti al popolo: proteggere la nostra nazione e rispettare la Costituzione, che comprende quello che io ritengo un diritto fondamentale: il rispetto della privacy e delle libertà civili. Penso che le mie azioni siano coerenti».
È questo il punto cruciale: «Avevo dei dubbi quando ho iniziato il mio mandato su queste pratiche di intelligence, ma nel corso del tempo mi sono convinto che con questi sistemi possiamo prevenire gli attacchi terroristici contro di noi. Sono felice se si aprirà un dibattito sull’argomento, vi ricorderete che l’ho auspicato io stesso due settimane fa quando ho parlato di un cambio d’epoca nella lotta al terrore. Ma dobbiamo sempre ricordarci che non si può avere il 100% della sicurezza e il 100% della privacy e nessuno svantaggio».
L’ultimo incubo da scacciare è una parola: Grande Fratello, sinonimo di ombre, complotti, poteri occulti: «Anche io tra un po’ tornerò ad essere una persona normale e sarei preoccupato se mi sentissi spiato dal mio paese. Ma non è così. Nessuno entra nella vita di nessuno e l’azione investigativa è svolta da professionisti. Ed è tenuta sempre sotto controllo dal Congresso, dal governo e dai giudici, che possono intervenire ogni volta che vedono irregolarità».
Rimane l’urto delle rivelazioni dei giornali. In rapida successione. Le ultime sono targate Wall Street Journal che sposta ancora più in là il confine. Oltre ai dati telefonici forniti da Verizon, la Nsa ha accesso anche a quelli di altri due grandi società di telefonia: la At&T e la Sprint (praticamente la totalità degli utenti, oltre 150 milioni). Ma non solo, nell’enorme magazzino digitale di informazioni entrano anche tutte quelle riguardanti le carte di credito: transazioni, prelievi, acquisti. E il dossier attraversa l’Atlantico, con i servizi inglesi che usano le banche dati dei colleghi americani per aggirare le regole più severe della Gran Bretagna. E lo sbarco in Europa preoccupa la Ue, come dice Cecilia Malmstroem, Commissario agli Affari interni: «Chiederemo informazioni».
Non ci sono segreti per Prism, così si chiama il programma da 20 milioni di dollari all’anno, messo in piedi nel 2007 dall’intelligence sotto la presidenza di George Bush. Grazie al controllo dei server delle principali società della Silicon Valley (ma i giganti tirati in ballo da Google, a Facebook ad Apple negano ogni coinvolgimento) le porte di Internet si spalancano agli occhi della sicurezza: le e-mail, le chiacchiere sui social network, i video, le foto, le memorie dei computer, lo scambio di file, le videoconferenze e le conversazioni in chat e via Skype. Il Washington Post, il giornale del Watergate, chiude il suo articolo con le parole della sua nuova “gola profonda”: «un funzionario di alto livello dei servizi», con «un’esperienza diretta del sistema di sorveglianza», che gli ha permesso di vedere «una enorme invasione nella privacy dei cittadini». Che lo ha spinto a parlare con i giorna-listi: «Quelli che vi spiano sanno talmente tante cose di voi che possono leggere i vostri pensieri e le vostre parole mentre le state digitando sulla tastiera».
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