Saccomanni: peggio del ’29 Per gli industriali è rischio rivolta

by Sergio Segio | 8 Giugno 2013 10:34

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DAL NOSTRO INVIATOSANTA MARGHERITA — «Senza prospettive per il futuro, non resta che la rivolta». Il presidente dei giovani imprenditori di Confindustria Jacopo Morelli spiega la «necessità di una visione» per i giovani della sua generazione e per arrivare al cuore del problema usa parole forti in linea col titolo del convegno di Santa Margherita, «Scateniamoci» che trovano inaspettatamente sponda nel presidente della Camera Laura Boldrini: «Se proponete di trasformare la rivolta in rivoluzione… con il cuore ci sto». Poi si corregge, «immaginate se fossi io, nella mia posizione istituzionale, a usare una espressione del genere», per spiegare subito dopo che «le epoche di grandi trasformazioni portano a mettere in discussione le forme di produzione, gli assetti di potere, le relazioni sociali». Il termine «visione» piace anche alla Boldrini «senza la quale – precisa non si va da nessuna parte». Morelli parla di disuguaglianze inaccettabili con le quali la crescita è impossibile, del problema della disoccupazione giovanile, boccia lo stop dell’Imu al quale avrebbe preferito sgravi per il lavoro. E si lancia anche in un’applaudita autocritica – «noi imprenditori ne abbiamo fatta troppo poca» – su temi come la scarsa concorrenza e la corruzione. E poi l’appello a tutti, politici e grandi imprenditori, per uscire dalla crisi. E’ il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, intervenendo a Firenze alla “Repubblica delle idee” a dare una risposta da economista con una vena di ottimismo. «La crisi attuale è più difficile da gestire e più complessa di quella del ’29 per le caratteristiche strutturali che hanno cambiato alcuni Paesi, è una crisi che non vuole andar via, ma finirà anche questa». Gli uomini hanno le loro colpe. «Sarebbe stato più facile per l’Italia gestire la crisi senza i 5/6 mesi di stasi politica che abbiamo avuto da fine 2012 a pochi giorni fa, l’Italia non poteva permetterselo», ha commentato il ministro dicendosi sicuro che le misure del governo favoriranno la crescita. La ripresa dell’economia non riguarda solo l’Italia, ma tutta l’Europa nel suo complesso di deficit di governance e coesione politica. L’amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne, da Venezia dove ha partecipato al consiglio per le relazioni Italia-Usa, si è detto «scioccato» per la decisione della Bce di non toccare i tassi e ha criticato l’attuale «livello dell’euro, non è sostenibile per qualsiasi azienda che voglia esportare». Il numero uno della Pirelli Marco Tronchetti Provera, anche lui da Venezia, è stato ancora più netto chiedendo «una svalutazione dell’euro che deve avvenire il prima possibile». In questo difficile puzzle che fa fatica a mettere insieme i pezzi per una «visione» di lungo periodo, le parole pronunciate ieri a vario titolo in qualche modo fanno sperare. Marchionne si è anche detto fiducioso e conferma gli investimenti in Italia. Il ministro del Lavoro Enrico Giovannini, ospite dei giovani a Santa Margherita, ha commentato molto positivamente l’uscita del leader del Lingotto: «Questo segnale della Fiat, insieme a quello di tante altre imprese, è molto importante: significa che forse possiamo invertire questo clima di sfiducia». Il ministro ha anche annunciato che entro giugno, a cavallo del vertice europeo sul lavoro, prenderà i provvedimenti per combattere la disoccupazione giovanile che diventeranno operativi da settembre «in modo che le imprese al ritorno dalla chiusura estiva potranno avere gli elementi per decidere». Giovannini ha confermato gli sgravi per i nuovi giovani assunti, che è allo studio una forte «manutenzione» della riforma Fornero da fare in simbiosi con le parti sociali compresa una revisione degli ammortizzatori sociali. «La Cig rimarrà – ha spiegato il ministro – ma la mobilità dovrà essere rivista per accompagnare da una lato i lavoratori verso la pensione oppure verso il reimpiego». Insomma nessun reddito minimo o di cittadinanza tutte proposte, secondo il ministro, costose e che allontanano la creazione di opportunità di lavoro. E poi l’impresa. Morelli osserva come l’occupazione alla fine non «nasce da sola o per decreto ma perché qualcuno riesce a combinare i fattori della produzione». E chiede una legislazione fiscale che non colpisca il lavoro e non favorisca la rendita come avviene oggi. Giovannini si ritrova in questo passaggio e si impegna a fare di tutto «per rimettere al centro del dibattito e dell’immaginario il ruolo dell’imprenditore». E anche questo «scateniamoci» alla fine piace al professore di Statistica prestato al governo ma si chiede il «ci» a chi poi si riferisca.

Roberto Bagnoli

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