by Sergio Segio | 7 Giugno 2013 7:26
Almeno dal 2007, ogni foglia che si muove sotto il cielo d’America e non solo viene registrata, decriptata e archiviata. Il nome in codice è “Prism” e apre scenari che il Grande Fratello di Orwell in confronto è un boy scout. Nove tra le maggiori aziende della Silicon Valley hanno aperto le porte dei loro server agli occhi e alle orecchie dell’intelligence Usa. L’elenco basta a capire come la parola privacy sia in questo contesto solo un eufemismo: Microsoft, Yahoo!, Google, Facebook, PalTalk, Aol, Skype, Youtube e Apple. Ovvero il mondo di Internet (tranne Twitter). Il Washington Post ci apre il sito alla fine di una giornata convulsa, destinata a rimanere nella storia degli Stati Uniti.
La inizia il Guardian con il suo scoop. Il 25 aprile, dieci giorni dopo gli attacchi di Boston quando l’Fbi sta cercando eventuali complici dei fratelli ceceni, Roger Vinson, giudice della Foreign Intelligence Surveillance Court firma l’ordine (in vigore sino al 19 luglio) che impone a Verizon, il più grande gestore telefonico degli Stati Uniti di consegnare alla Nsa ogni giorno milioni di dati sulle telefonate di utenze americane (nella sezione Business). Un’enorme pesca a strascico di informazioni sensibili: vengono raccolti i numeri di entrata e uscita delle chiamate sia nazionali che verso l’estero, i rispettivi identificativi, le notizie sulla localizzazione, gli orari e la durata, ma – come ripetono più volte fonti di Washington – non i contenuti delle conversazioni. Anche se poi in presenza di anomalie l’Fbi può chiedere di avere accesso alle registrazioni e ascoltare quello viene detto. Ma non è noto se e in quanti casi sia stato dato il via libera, così come non si sa se la stessa procedura è stata chiesta anche agli altri gestori telefonici.
La rivelazione del quotidiano britannico accende la polemica. L’articolo infatti dimostra per la prima volta che sotto l’Amministrazione Obama le registrazioni delle comunicazioni (di ogni genere) di milioni di persone vengono raccolte in maniera indiscriminata, in massa e senza che ci fossero nelle utenze monitorate qualche notizia di reato.
La Casa Bianca per un po’ tace poi esce allo scoperto il portavoce John Earnst: «Noi dobbiamo utilizzare tutti gli strumenti utili per combattere il terrorismo. Esiste un consolidato regime legale che sovrintende all’uso da parte del governo dei poteri previsti nel Patriot Act e lo rende compatibile con la Costituzione». E poi ancora: «Regole severe che riflettono il desiderio del presidente di assicurare il giusto equilibrio tra la protezione della nostra sicurezza nazionale e delle libertà civili». E altre fonti anonime aggiungono: «Questa pratica è assolutamente cruciale per prevenire attentati e il Congresso è costantemente informato di quanto sta avviene». Come confermano i leader del Senate Intelligence Commitee, la democratica Dianne Feinsten e Saxby Chambliss, repubblicano: «Non c’è nulla di nuovo, è tutto legale. Nessun cittadino si è mai lamentato e anzi tutto questo va a favore dei nostri investigatori che lavorano per la sicurezza di tutti noi».
Il Washington Post osserva che il documento sembra un atto di routine, una conferma quasi in automatico di una disposizione che va datata almeno al 2006 e così i numeri dei dati raccolti sono destinati a crescere e infatti il giornale scatena i suoi reporter. Il New York Times racconta che un primo allarme su un eventuale abuso di intercettazioni era stato lanciato l’anno scorso da due senatori con una lettera al ministro della giustizia Eric Holder (che non commenta): «Siamo convinti che gli americani sarebbero sbalorditi se venissero a sapere i dettagli di come alcune corti abbiano interpretato la sezione 215 del Patriot Act».
E, nonostante la sicurezza sia argomento delicato, non mancano le critiche pesanti, con in prima fila le associazioni per i diritti civili che gridano allo scandalo. O come Al Gore che su Twitter scrive: «Nell’era digitale la difesa della privacy è fondamentale. Sono solo io a trovare oltraggiosa e scandalosa questa sorveglianza segreta? ». Ma un altro senatore repubblicano Mike Rogers difende il programma con un controscoop: «In questo modo è stato sventato un significativo attentato terroristico nel nostro paese». La stoccata di Ari Fleischer, il portavoce della precedente Amministrazione sembra un colpo pesante per il presidente: «Droni, intercettazioni telefoniche, Guantanamo, commissioni militari: stanno portando avanti il quarto mandato di Bush». Niente in confronto a quello che scrive sul suo sito in serata in New York Times:
“Obama ha perso ogni credibilità, il presidente ha risposto con le stesse banalità che usa ogni volta che viene bacchettato per un abuso di potere. Questa volta invece servono spiegazioni vere e convincenti”.
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