Zanonato: senza Ilva addio siderurgia Il Pd non esclude la nazionalizzazione
ROMA — «Nessun commissariamento né chiusura, l’Ilva deve essere risanata, continuare a produrre acciaio e rimanere italiana». Il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato interviene sul primo «caso» dal suo incarico di governo e spiega, a SkyTg24, che «se l’Ilva si ferma possiamo dire addio a tutta la siderurgia con enorme danno per la nostra manifattura e la meccanica». Dopo il maxi-sequestro per 8 miliardi di euro disposto dalla procura di Taranto e le dimissioni del vertice, il governo scende in campo deciso a risolvere la difficile partita. Ma in campo scende anche la politica e da ieri si comincia a parlare di «esproprio» o di «nazionalizzazione» come del resto prevede uno dei commi della legge salva-Ilva approvata l’anno scorso dal governo Monti. Non lo chiede solo il leader di Rifondazione Paolo Ferrero ma non lo esclude nemmeno il presidente della commissione Bilancio della Camera, il «lettiano» Francesco Boccia. E anche il segretario del Pd Guglielmo Epifani, interpellato sulla vicenda dal Corriere, sostiene che «non bisogna escludere nulla pur di continuare a tenere in vita l’impianto siderurgico, sapendo però che bisogna fare i conti con Bruxelles».
In attesa di un primo faccia a faccia con la Commissione, che avverrà venerdì prossimo, l’esecutivo già da oggi comincia a lavorare al dossier con un incontro con l’amministratore delegato del gruppo siderurgico Enrico Bondi che dovrà spiegare il motivo delle sue dimissioni e se la società secondo lui può continuare ad operare. Sempre oggi il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando dovrebbe in serata ricevere una dettagliata relazione dai suoi tecnici. Ma la giornata decisiva è domani, martedì: è attesa infatti la relazione trimestrale dell’Ispra con il compito di verificare — come prevede la legge — se l’azienda ha proceduto e come al risanamento rispettando i canoni dell’Aia, l’autorizzazione integrata ambientale. Subito dopo il ministro Orlando riferirà in Parlamento. Zanonato ha aggiunto che nella stessa giornata «ci sarà un incontro anche con il presidente del Consiglio Enrico Letta per discutere a fondo di tutti gli aspetti della vicenda e prenderemo in mano la situazione perché una cosa è certa: non vogliamo che questa attività chiuda». Per quanto riguarda l’ipotesi del commissariamento circolata in questi giorni il ministro la esclude: «Non mi pare ci siano le condizioni, la società non sta producendo debiti ma utili, è in grado di reggere, deve risolvere il problema ambientale». Zanonato non accenna alla possibilità di esproprio e nel suo entourage si esclude che questa ipotesi sia mai stata valutata per ora da parte del governo. Troppe le controindicazioni, dalla enorme mole di investimenti necessari al problematico via libera da parte di Bruxelles.
Le parole di Bondi, l’anziano manager che da solo un mese ha preso le redini del gruppo siderurgico, saranno determinanti per capire le vere strategie di rilancio dell’impianto e le ragioni delle sue dimissioni (insieme a quelle del presidente Bruno Ferrante e del consigliere Giusepe De Iure) al di là del clamore del gesto. Le dimissioni, infatti, non sono immediate ma scatteranno il giorno 5 giugno quando è convocata l’assemblea dei soci. Che potrebbe ridare l’incarico a Bondi o nominare un nuovo consiglio di amministrazione. All’assemblea parteciperà anche Mario Tagarelli, il commercialista nominato custode ed amministratore dei beni della famiglia Riva posti sotto sequestro dal giudice Patrizia Todisco. Potrebbe essere proprio Tagarelli, secondo indiscrezioni, a nominare i nuovi amministratori completando così il commissariamento voluto dalla magistratura.
Roberto Bagnoli
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