Voti dimezzati, rivolta contro Grillo
MILANO — Una flessione indiscutibile. Un calo drastico rispetto ai risultati del voto di febbraio, che li aveva proiettati come prima forza politica alla Camera escludendo il voto all’estero: i Cinque Stelle escono ridimensionati dalle Amministrative. L’esito elettorale vede i pentastellati superare lo scoglio del 10% solo in pochi capoluoghi di provincia (tra gli altri, ad Ancona, dove il Movimento si presentava spaccato, e a Roma). Al Nord, l’emorragia di consensi è più evidente. Percentuali che oscillano tra il 5 e l’8 per cento. Anche in luoghi — come Treviso e Vicenza — dove l’ascesa dei pentastellati aveva messo in crisi la Lega. Il Movimento già aveva deciso di non correre a Isernia e Iglesias. Ma anche le «roccaforti» conquistate alle Politiche si sono rivelate fatali in questo turno elettorale. A Imperia il Movimento passa dal 33,7% all’8,6%. Nella Capitale si va dal 27% al 13. A Siena, città dello scandalo Mps tanto evocato da Grillo durante il tour elettorale, i Cinque Stelle sono scesi dal 21% di febbraio all’8,8. A Viterbo, il dato choc: dal 31,8 la colonnina delle preferenze si ferma al 5,8%. Numeri lontani anche da quelli delle Amministrative 2012, quando il Movimento riuscì a strappare il ballottaggio — poi vinto — a Parma. Al secondo turno i Cinque Stelle si presenteranno probabilmente a Martellago, Assemini e Pomezia.
Ieri, alla luce dei risultati, la protesta tra gli attivisti è esplosa. In molte forme. C’è chi, come Fabio Z. da Carsoli, addirittura se la prende con il leader: «Caro Beppe, adesso il vaffa te lo devi prendere tu». Un attacco diretto che si smarca dalla maggior parte dei militanti, quasi tutti critici nei confronti della strategia tenuta finora. «Credo che il voto amministrativo abbia dimostrato il limite della linea oltranzista e purista (in linea di principio giusta, per carità !) a tutti i costi», afferma Roberto Paroldo. Lino Meschieri è caustico con lo staff: «Il Movimento è dimezzato. Bravi». Interviene anche Paolo Becchi: «Un italiano su due non è andato a votare: questa è la crisi, sempre più profonda, della partitocrazia, e non il “crollo” del M5S. Lo sconfitto è il sistema dei partiti». «Inutile girarci intorno, stiamo prendendo una batosta», è il commento più condiviso e in molti chiedono il ritorno di Grillo in televisione per spingere i Cinque Stelle. Di parere opposto il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, che su Facebook sostiene: «Continuerà lo tsunami di trasparenza e partecipazione in altre centinaia di enti pubblici italiani». E ancora: «L’attivismo e quindi il consenso libero continua a crescere. Chi dice il contrario forse non ci sta osservando». Intanto, però, tra i parlamentari si fanno largo dopo il voto i malumori e c’è anche chi ipotizza un passaggio al gruppo misto.
Tra esperti e politologi già si indaga sulle cause della sconfitta. «Il Movimento ha preso molto di più di quanto si aspettava, alle Politiche, un dieci per cento di persone lo ha votato confidando nel fatto che portassero novità . Novità che non sono arrivate, generando delusione e ora, di conseguenza, allontanamento», commenta Pierluigi Corbetta, autore con Elisabetta Gualmini del saggio Il partito di Grillo (Il Mulino). Secondo Corbetta «un secondo problema del cattivo esito elettorale è dettato dal fatto che si trattava di un voto amministrativo. Il Movimento è un partito legato alla figura di Grillo, senza radicamento territoriale: già a febbraio ottenne percentuali più basse alle Regionali».
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