by Sergio Segio | 28 Maggio 2013 6:45
ROMA — «Adesso la devi smettere di litigare con i Cinque Stelle sui social network…». La discussione tra due militanti al comitato di Ignazio Marino racconta l’esito del voto più delle percentuali: perché a metà pomeriggio, con le proiezioni che una dopo l’altra svelano un vantaggio del centrosinistra forse insperato nelle proporzioni, l’obiettivo di molti dirigenti e militanti Pd diventa subito quello, la conquista dei voti che mancano per arrivare in Campidoglio. I calcoli s’interrompono solamente all’arrivo del candidato democratico: i suoi, che festeggiano a pane e olio, lo accolgono con un applauso di oltre un minuto.
«Però per favore nessuna domanda», viene raccomandato poco dopo ai giornalisti in attesa. Ma una viene urlata non appena Ignazio Marino termina di parlare: è vero che ha vinto nonostante il Pd? Lui sorride, saluta, «buon lavoro a tutti». Del resto, ha già lanciato i messaggi che voleva. Quello al M5S: «Spero che gli elettori del Movimento apprezzino il fatto che noi consideriamo come nostri dei temi decisivi anche per loro, la riduzione dei costi della politica, la trasparenza nel bilancio del Campidoglio, li porteremo avanti da domani…». Quello agli elettori di Alfio Marchini: «Va rispettato il risultato di un candidato come lui, che è molto radicato in questa città e che ha fatto un’ottima campagna elettorale». Poi, certo, poco prima aveva ricordato «il lavoro, per i giovani e non solo», il «problema della casa», e la «cultura, questa città ha il patrimonio più grande del mondo e non l’ha saputo valorizzare»: ma i messaggi considerati fondamentali, probabilmente, erano altri. «Il mio appello è rivolto a tutti gli elettori di Roma»: insomma, neanche il tempo di brindare al risultato del primo turno che Ignazio Marino pare già proiettato sul ballottaggio.
Del resto, la sua, non è stata una candidatura senza ostacoli: non gli è stata sufficiente la vittoria (netta) alle primarie. Parte del Pd lo ha accolto con una certa freddezza: per le sue posizioni, il voto a Stefano Rodotà per la presidenza della Repubblica, il non aver votato la fiducia al governo di Enrico Letta. In più, Marino si è sempre posto quasi come «civico»: niente Pd sui manifesti, nessuna dichiarazione d’amore. Una distanza (reciproca) che però adesso, con il risultato del primo turno appena maturato, pare ridursi, quasi annullarsi. Forse per il risultato di Marino, e anche per quel 26 e più di percentuale che il partito ha (quasi miracolosamente, stando alle previsioni) ottenuto. Michele Meta — che insieme con Goffredo Bettini, Nicola Zingaretti e tutta Sel ha sostenuto Marino fin dalla prima ora — alle quattro e mezza del pomeriggio è già in tv a dire che «bisogna unire le forze del cambiamento».
Il comitato elettorale del candidato è colmo di persone, militanti entusiasti e dirigenti che s’affacciano qui per la prima volta. È lo stesso ufficio usato da Nicola Zingaretti nella sua corsa alla Regione: «Il dato più clamoroso — attacca il governatore del Lazio — è quello del sindaco uscente, visto che Alemanno è stato bocciato dal 70 per cento degli elettori. Il calo del M5S me l’aspettavo, ci fu anche per le Regionali e dimostra la forza della candidatura Marino. Adesso credo sia importante rivolgersi a tutti quei cittadini che vogliono cambiare». Tutti, nessuno escluso.
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