by Sergio Segio | 10 Maggio 2013 8:12
Marcello De Vito, candidato a sindaco di Roma per il Movimento 5 stelle, ha annunciato di volere sgomberare il teatro Valle per «riportare la legalità ». Stefano Rodotà ci risponde al telefono proprio mentre si sta dirigendo al Valle per un incontro della «Costituente dei beni comuni».
Come giudica questa uscita?
Mi sembra infelice, è ispirata ad un’aggressività che non ha ragione d’essere, ancor più se confrontata con la reale esperienza del Valle che tutto mi sembra tranne che aggressiva. È più che altro il segno del personaggio che l’ha pronunciata. Altri candidati a sindaco di Roma come Ignazio Marino oppure Sandro Medici hanno ben altra considerazione di questa esperienza. Del resto, l’uscita di De Vito mi sembra in contraddizione anche con quello che i gruppi parlamentari del movimento 5 stelle sostengono nel comunicato redatto dopo l’incontro che abbiamo avuto alla camera mercoledì, dove si afferma l’impegno di questo movimento a proseguire il lavoro politico nella piena attuazione della Costituzione e dei beni comuni. È un lavoro da fare, ci possono essere delle imprecisioni, ma l’impegno va in questa direzione.
Che cos’è per lei il teatro Valle?
Il teatro Valle è stato occupato per restituire un bene comune alla cittadinanza, altrimenti sarebbe stato abbandonato al suo destino. Pensare di sgomberarlo con la forza pubblica significa non considerare il progetto di Fondazione che sta nascendo che è un’opportunità per l’intero paese, e non solo per la città di Roma. Con il progetto della «Costituente dei beni comuni» che, insisto, non vorrei fosse etichettata come una riedizione della «commissione Rodotà » del 2007, attorno al Valle si sta costituendo una rete molto ampia e significativa che non può essere liquidata come un’irregolarità . Questa rete già oggi coinvolge movimenti e associazioni di diversa natura e sta riscuotendo un forte interessamento. Tanto è vero che mi ha chiamato anche il segretario della Fiom Maurizio Landini. Mi auguro che questo interessamento abbia un seguito e ampli il lavoro della Costituente, perché è la prova della grande rilevanza sociale e politica che ormai hanno assunto i beni comuni in Italia tra tutte le parti attive della società . L’obiettivo è rendere il Valle un modello. Rispetto all’incontro con i 5 stelle mi permetta però di aggiungere una precisazione.
Prego
Durante l’incontro non ho fatto alcun riferimento a quel che ha fatto o avrebbe dovuto fare il presidente Napolitano. Trovo irrispettoso mettersi abusivamente nei panni degli altri, a maggior ragione se sono quelli del presidente della Repubblica. Sono stato chiarissimo: avrei dato un incarico per formare un governo che prendesse in parola il Movimento 5 Stelle per le dichiarazioni che aveva fatto, dunque a una personalità diversa dagli appartenenti a quel movimento.
Tornando alla «Costituente dei beni comuni» di cosa si occuperà e come funzionerà ?
I nostri lavori saranno completamente aperti, si terranno in forma assembleare e saranno itineranti, verranno ospitati di volta in volta da realtà attive nei diversi territori. Tre sono gli obiettivi di questa Costituente: il primo è formulare una nuova disciplina del diritto di proprietà , già in parte elaborata dalla Commissione nel 2007, provando a definire la categoria dei beni comuni e a superare così la categoria tradizionale della proprietà ; il secondo è perfezionare alcune proposte di legge sui beni comuni, il reddito, il testamento biologico, il territorio e la disciplina delle proposte di legge di iniziativa popolare; il terzo è istituire quella che con Gaetano Azzariti definiamo una «convenzione per la democrazia costituzionale» che dovrebbe contribuire a rafforzare, appunto, la nostra democrazia costituzionale.
Non le sembra che i beni comuni siano a dir poco scollati dal dibattito che c’è tra i partiti della sinistra, tra «cantieri» che nascono e governi di larghe intese?
La ringrazio per la domanda perché mi permette di spiegare il momento complicato dopo i giorni dell’elezione del presidente della Repubblica. In quei giorni ero tranquillissimo. Poi mi sono ritrovato in una condizione che non è la mia, non rispecchia il lavoro che ho fatto nella mia vita, né quello che a me interessa fare. Non sono certamente il fautore di un nuovo partitino di sinistra, né di coalizioni come mi sembra sia stata Rivoluzione civile che raccoglieva più che altro l’intenzione di alcune realtà a mantenere le proprie identità . Senza considerare che proprio la coalizione formata da Pd e Sel intitolata al «bene comune» non abbia retto al primo urto. Non voglio lasciare alibi a nessuno, non sono uno di quelli che dice ‘armiamoci e partite’. Le assicuro che in Italia esistono migliaia di persone che al solo udire di queste intenzioni si allontanerebbero in un secondo. Il lavoro da fare è un altro ed è quello di costruire una rete capace di rispondere all’esigenza di partecipazione dei cittadini.
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