by Sergio Segio | 28 Maggio 2013 7:46
ROMA — Quei due miliardi di ticket in più sarebbero un peso insostenibile. Probabilmente potenzierebbero il fenomeno della fuga dei cittadini italiani da un sistema pubblico non più competitivo alle cliniche private che offrono tariffe concorrenziali.
Doppio pericolo che il governo di Enrico Letta sta cercando di schivare evitando l’entrata in vigore il 1 gennaio 2014 della nuova stangata sanitaria, prevista dalla manovra estiva del 2011, quando al Tesoro c’era Giulio Tremonti. Volontà condivisa oltre che dal premier, dai ministri dell’Economia Fabrizio Saccomanni e della Salute Beatrice Lorenzin. «Anche io voglio che i cittadini non si trovino a gennaio con questo balzello», ha detto Letta ai governatori incontrati ieri mattina a palazzo Chigi, secondo quanto ha raccontato su Facebook il presidente della Toscana, Enrico Rossi.
In questi giorni ci sono stati diversi incontri e la strada sembra tracciata. Si ipotizza di poter fare a meno della nuova ondata di «rincari» compensando i due miliardi con i risparmi di spesa già realizzati nel corso del 2012, come indica il Documento di programmazione di economia e finanza del 2013.
«Niente annunci eclatanti — si ritrae la Lorenzin —. Prima vogliamo trovare soluzioni concrete. Fin dai primi giorni di lavoro abbiamo affrontare il nodo della spesa sanitaria nel suo complesso. Fondamentale è il Patto per la salute, con le Regioni. È chiaro che nel prossimo bilancio non potrà non essere rideterminato il livello del finanziamento del servizio sanitario». Il ministro la scorsa settimana ha spinto in questa direzione chiedendo apertamente l’impegno di Saccomanni. «Abbiamo avuto aperture importanti dal premier. Ha detto che è impegnato a eliminare lo scatto del 2014», riferisce Rossi, sempre su Facebook.
È un problema prevalentemente contabile che il Tesoro dovrà risolvere. Tanto più che a rendere urgente la ricerca di una soluzione c’è anche una sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittimo lo strumento con cui il rincaro dei ticket è stato introdotto. Già Renato Balduzzi, ministro del governo Monti, aveva aperto un confronto per riformare i ticket e trovare un nuovo sistema per la rimborsabilità , basato sulle franchigie. Non c’è stato tempo per completare il dossier.
Nel 2012 gli italiani hanno pagato per essere curati in ospedali e ambulatori pubblici circa 4,5 miliardi, inclusi i farmaci. La nuova «Imu sanitaria», come è stata ribattezzata, significherebbe per i pazienti tirare fuori una media di 300-400 euro a famiglia secondo la stima di Agenas, l’agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali.
Il presidente dell’agenzia Giovanni Bissoni sottolinea un dato. Nel 2012, anno in cui si è sentito l’effetto dei superticket introdotti da una precedente manovra, si è avuto un calo di prestazioni sanitari nel pubblico di circa l’8%. «Alcuni avranno rinunciato a curarsi, altri si sono probabilmente rivolti alle cliniche private dove esami diagnostici hanno un costo sovrapponibile a quello del ticket col vantaggio dell’assenza di liste di attesa. La fuga è stata più evidente nel settore dei laboratori. Ormai tante analisi sono più convenienti e rapide nel privato».
Sarebbe necessario poi rivedere il sistema delle esenzioni (che riguardano circa la metà degli italiani, la maggior parte concentrati al Sud). Si è visto però che alla revisione non si potrà procedere fino alla riforma dell’Isee, lo strumento che consente di valutare la disponibilità economica delle famiglie.
Margherita De Bac
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