Soros: “Ma in Italia la tregua non durerà  gli euroscettici hanno troppo potere”

by Sergio Segio | 12 Maggio 2013 8:41

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UDINE — Nessun rimorso. «L’attacco speculativo contro la lira fu una legittima operazione finanziaria», dice George Soros, che perpetrò quell’attacco nel settembre 1992 e provocò la svalutazione della lira (in due ondate) del 30%, e l’estromissione dal sistema monetario europeo. «Mi ero basato sulle dichiarazioni pubbliche della Bundesbank, che dicevano che la banca tedesca non avrebbe sostenuto la valuta italiana. Bastava saperle leggere ». Cambiò la storia: la lira rientrò nello Sme a costo di immani sacrifici (ricordate il prelievo sui conti correnti del governo Amato?) e a tassi fatalmente falsati, da cui le tensioni connesse con un cambio dell’euro penalizzante. Ma i tempi cambiano. Ieri Soros ha ricevuto nell’ambito del festival Vicino/ lontano il premio Tiziano Terzani per il libro “La crisi globale”. «Tiziano era tremendamente intrigato dai segreti della finanza», spiega un po’ imbarazzata Angela Terzani.
E lei, Soros, di imbarazzo ne prova?
«Gli speculatori fanno il loro lavoro. Non hanno colpe. Queste semmai competono ai legislatori che permettono che le speculazioni avvengano. Gli speculatori sono solo i messaggeri di cattive notizie».
Secondo lei che impersona “i mercati”, reggerà  la tregua sull’Italia?
«Dovrei risponderle da speculatore che lo so ma non lo dico. La verità  è che non credo: troppe tensioni gravano sul vostro Paese, con un effetto non secondario, una tragedia nella tragedia: tornano in auge Berlusconi e tutti gli euroscettici. Il problema è europeo. L’euro rischia non solo di affondare ma di trascinare con sé nel baratro la costruzione europea faticosamente portata avanti come unione fra eguali, che invece è diventata un braccio di ferro fra creditori e debitori, con i primi che impongono i loro dettami».
Quali rimedi suggerisce?
«Intanto una serrata azione politica per convincere la Germania ad avallare il modello espansivo adottato ormai in tutto il mondo. Poi bisogna rivedere i trattati e affiancare alla Bce un governo europeo. In America funziona l’azione comune Tesoro-Fed: Draghi sta facendo miracoli ma finché non viene creata un’unione fiscale la sua azione resta di breve respiro, e i Paesi fragili come l’Italia sono in bilico. E l’Europa è percepita solo come un fastidioso peso dall’opinione pubblica».
La volontà  politica serve per sostenere la Bce anche nelle azioni tecniche?
«Certo. Prendiamo il credito alle piccole imprese, che in Italia subiscono un inaccettabile secondo spread ancora più deleterio del primo. Pagano il denaro, quando lo vedono, 3-4 punti in più delle concorrenti tedesche. Le banche dovrebbero prestare a tassi ragionevoli alle aziende, cartolarizzare i crediti e scontarli presso la Bce. Serve una forte decisione politica in grado di superare i sicuri veti della Germania e della Bundesbank ma sulla base di questa mutualizzazione dei rischi potrebbero nascere gli eurobond per mettere in comune anche i debiti sovrani. à‰ l’unico modo per riavviare la crescita: unione bancaria e solida unione politica. Un’occasione da non lasciarsi sfuggire sono le elezioni del Parlamento europeo del 2014: e deve essere poi Strasburgo a nominare la commissione Ue».

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