Sigarette elettroniche, la giungla dei divieti fai-da-te

by Sergio Segio | 17 Maggio 2013 6:56

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«Divieto di svapare » . Chi siede in un bar o in un ristorante della Toscana, tenga in tasca la sigaretta elettronica: il suo vapore qui non è più benvenuto. A Vicenza invece le “svapate” sono vietate solo all’interno del palazzo comunale. È la giungla dei divieti fai-date: in attesa di una regolamentazione nazionale e di certezze sul piano sanitario, ciascuno improvvisa la sua personale campagna proibizionista. Sindaci, commercianti, aziende, scuole. Accade così
che ciò che è vietato da una parte, è invece consentito a pochi chilometri (o addirittura metri) di distanza.
Nel nostro Paese il mercato delle sigarette elettroniche cresce a vista d’occhio: nel 2012 il giro d’affari ha superato i 350 milioni di euro. A mancare però sono le regole, tranne una: il divieto di svapare nicotina per i minorenni, deciso dall’ex ministro della Salute, Renato Balduzzi. Oltreoceano invece ci vanno giù duri. Negli Usa il divieto è molto diffuso: nel febbraio 2012 un aereo della Continental Airlines, decollato da Portland, ha dovuto invertire la rotta per far scendere un passeggero colpevole di non voler spegnere la propria e-sigaretta.
E l’Italia? Pare una coperta d’Arlecchino con tante pezze colorate quanti sono i divieti. Tra i più severi è il comune di Cantù, che con ordinanza ha proibito di fumare elettronico in tutti i locali e uffici pubblici o finalizzati a servizi pubblici. Anche nei negozi dunque, con il paradosso che neppure negli esercizi dove si vendono le sigarette elettroniche si possa fumare e provare così i vari aromi. Più tollerante il comune di Vicenza, che ha imposto il divieto solo dentro i locali del palazzo comunale. A San Benedetto del Tronto invece la “guerra” è limitata alle sigarette elettroniche con nicotina. In Toscana niente svapate in bar e ristoranti: l’indicazione arriva direttamente dalla Fipe-Confcommercio. In Veneto la sigaretta elettronica è vietata all’interno di tutti i ristoranti: viene trattata come una bionda qualsiasi, in base alla legge antifumo. Le elettroniche hanno vita dura anche sulle carrozze Trenitalia, Italo, Trenord e sui voli Alitalia. Il loro vapore è vietato sulle crociere Costa all’interno di ristoranti e bar e nei tanti Mc Donald’s.
In scala ridotta si muovono anche i singoli esercenti. Al cinema Hesperia di Castelfranco Veneto è stato recentemente appeso un cartello: «Si invita il gentile pubblico a non utilizzare in sala sigarette elettroniche al fine di consentire una regolare fruizione dello spettacolo cinematografico a tutti gli spettatori e prevenire eventuali spiacevoli contestazioni». Mentre il dirigente scolastico dell’istituto Einstein di Vimercate si è affidato a una circolare interna: «Divieto di svapare nei locali della scuola».
«Alcune ordinanze rappresentano degli eccessi — sostiene Massimiliano Mancini, presidente di ANaFE (Associazione nazionale fumo elettronico) — estendere alla sigaretta elettronica le norme previste dalla legge Sirchia sul fumo passivo, includendo persino i negozi di e-cig che invece devono necessariamente far testare il prodotto, sta creando una giungla normativa, probabilmente spinta anche da qualche lobby molto presente sul territorio e interessata a bloccare la crescita di questo mercato. Tanto più che queste ordinanze tendenzialmente equiparano la sigaretta elettronica a
quella tradizionale. Anche noi — aggiunge Mancini — chiediamo una regolamentazione, ma non si può pensare di estendere le varie norme esistenti contro il fumo alle sigarette elettroniche: limitare lo svapo in certi luoghi potrebbe avere un senso solo nel quadro di una regolamentazione ad hoc, necessaria in quanto la sigaretta elettronica non è fumo perché non uccide e non è un farmaco perché non cura. È un metodo alternativo al fumo e ciò che è sicuro è che fa meno male. E un sistema apposito, se proprio necessario, andrebbe pensato anche per la tassazione».

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