Sale la disaffezione E si aggiungono i delusi dal Movimento
È significativo il fatto che l’andamento si sia manifestato in tutto il Paese e riguardi tutti i capoluoghi di provincia in cui si è votato. Per alcuni (in primo luogo, Pisa, ma anche, nell’ordine, Roma, Sondrio, Brescia, Viterbo, Vicenza e molti altri) la differenza rispetto alle comunali precedenti è maggiore, mentre per altri (Barletta, Avellino, Isernia) è assai più contenuta: ma, come si è detto, la tendenza ad una contrazione della partecipazione è comune a tutti e rappresenta un trend che caratterizza l’elettorato a livello nazionale. Il calo è stato particolarmente sensibile nel Nord (-17%) e ancor più nel Centro (specie a causa di Roma, per un complessivo -20%) e assai più contenuto nel Sud e nelle Isole (-5%).
La minore percentuale di votanti (52,8%, vale a dire poco al di sopra della metà dei cittadini, con una diminuzione del 20,9% rispetto alle consultazioni precedenti) si è manifestata proprio a Roma, vale a dire, non casualmente, il luogo in cui si è svolta l’elezione a cui gli osservatori hanno attribuito il maggiore significato politico. È vero che il dato va interpretato con cautela, considerando il fatto che nel 2008 le consultazioni romane erano contemporanee alle politiche. E che, da sempre, queste ultime attraggono più elettori delle amministrative. L’analisi condotta a livello nazionale (sempre sui soli capoluoghi di provincia) mostra infatti come la differenza di partecipazione tra le precedenti elezioni ed oggi sia molto maggiore (oltre il 20%) nei comuni ove si era votato in precedenza nel 2008. Ma anche nei comuni restanti si rileva un sensibile calo di affluenza, pari quasi al 9%. Insomma, come ha anche sottolineato Ilvo Diamanti su Repubblica, l’incremento di astensioni si è comunque verificato, anche indipendentemente dall’avere o meno votato per le politiche nel 2008. E riguarda tutto il territorio nazionale.
Questo fenomeno dipende da una serie di motivi. Tra essi va annoverata anche la percezione diffusa della difficoltà (o, talvolta, della incapacità ) dei comuni ad agire efficacemente sulle problematiche vissute dai cittadini. Specialmente per la mancanza di risorse economiche che vengono sempre più drenate dallo stato centrale. Perciò il governo di quest’ultimo viene giudicato dagli elettori sempre più rilevante e quello del comune meno capace di incidere davvero sulla vita quotidiana di ciascuno. Di qui, anche un minore interesse alle consultazioni comunali.
Ma la causa di gran lunga più importante dell’erosione dell’affluenza è ovviamente la disaffezione dei cittadini dai partiti e la sfiducia crescente verso questi ultimi: il livello di consenso è oggi al 7%. Questo fenomeno si era già manifestato alle recenti elezioni politiche e aveva trovato però una sorta di sbocco con il voto al Movimento 5 Stelle. Non è un caso, forse, che la diminuzione della partecipazione registrata in queste elezioni amministrative corrisponda ad un significativo calo di consensi per la formazione di Grillo. Come se (ma solo l’analisi dei flussi elettorali ce ne darà conferma) una parte dei votanti per l’M5S alle politiche (delusa anche da quest’ultimo, come suggeriscono diversi sondaggi di opinione) si sia ora rifugiata nell’astensione.
In definitiva, siamo certamente di fronte ad un nuovo manifestarsi dell’esistenza di una diffusa disaffezione, non tanto nei confronti della politica (che continua ad interessare una quota considerevole — 52% — di italiani), quanto verso i partiti ritenuti, nel loro insieme, incapaci di rappresentare gli interessi dei cittadini. È un segnale di cui lo stesso governo Letta non può non tener conto: non a caso, anche il consenso dei cittadini verso quest’ultimo ha subito di recente una contrazione.
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