Saccomanni chiama Franco al Tesoro

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ROMA — Il ragioniere generale per sua natura è «silenzioso e discreto» e tale deve restare, fa sapere Daniele Franco, il nuovo ragioniere generale dello Stato, subito dopo la nomina da parte del Consiglio dei ministri. Riservato del resto Franco lo è da sempre anche se chi lo avvicina nota per prima cosa la gentilezza dei modi.
Veneto, compirà  sessant’anni tra meno di un mese — è nato a Trichiana (Belluno) il 7 giugno 1953 — è il massimo esperto di Finanza pubblica della Banca d’Italia che negli ultimi tempi, godendo della piena fiducia del governatore Ignazio Visco, ha rappresentato in Parlamento in tutte le audizioni dedicate ai temi del bilancio. Il suo curriculum è quello degli economisti di spicco di Palazzo Koch, con master in organizzazione aziendale in Italia e in economia in Inghilterra, dopo la laurea in Scienze politiche all’Università  di Padova ed esperienze di lavoro presso la Commissione europea. La carriera Franco l’ha fatta tutta in Banca d’Italia, all’Ufficio studi che ha guidato dal 2007 al 2011 diventando uno dei più stretti collaboratori di Mario Draghi il quale, prima di andare alla presidenza della Bce, lo ha nominato alla guida dell’area ricerca economica e relazioni internazionali al posto di Salvatore Rossi, diventato da poco direttore generale della Banca. Rossi ha sostituito nell’incarico Fabrizio Saccomanni, che è invece approdato al ministero dell’Economia e che ha proposto lo stesso Franco per l’incarico di ragioniere generale dello Stato. Insomma spicca il link che collega gli uomini di Palazzo Koch e li ha portati ad avere un ruolo rilevante nella vita pubblica. Non è certo un fatto casuale, visto che l’arrivo di Saccomanni al ministero di via XX Settembre è stato un elemento centrale nella formazione del nuovo governo presieduto da Enrico Letta e fortemente voluto dal capo dello Stato, Giorgio Napolitano, attento anche alla tenuta internazionale dell’Italia. Con Saccomanni al ministero continuerà  a collaborare per il Fisco un altro economista di provenienza Bankitalia, Vieri Ceriani, già  sottosegretario del governo Monti, mentre l’ex ministro Fabrizio Barca sembra, per ora, concentrato sui destini del Pd. Proviene dal Direttorio di Palazzo Koch la presidente della Rai Anna Maria Tarantola, chiamata a rimettere in riga i conti dell’ente radiotelevisivo pubblico. Ed è l’ex governatore Draghi a guidare a Francoforte la Bce. C’è da sperare che una squadra di tale prestigio riesca a risollevare i destini dell’economia che arranca. Non c’è dubbio, a riguardo, che la presenza di Franco alla Ragioneria generale renderà  meno onerosi i compiti di analisi e di gestione dei conti dello Stato da parte di Saccomanni. Il quale ha peraltro evitato in ogni modo di fare polemiche sull’avvicendamento nell’incarico, tributando anzi al ragioniere generale Mario Canzio il dovuto apprezzamento e riconoscimento per il lavoro da lui svolto. Il ministero di via XX settembre comunque, con l’uscita di Canzio seguita a quella di Vittorio Grilli, prima direttore generale e poi ministro, cambia dopo anni volto, superando quella che molti hanno chiamato «l’era Tremonti».
Resta alla direzione generale Vincenzo La Via, arrivato solo un anno fa, ma che è in sintonia perfetta con Saccomanni e gli altri uomini di Bankitalia, avendo collaborato a lungo con Draghi proprio al Tesoro e ed avendo ricoperto il prestigioso incarico di direttore finanziario della Banca mondiale, cosa che gli ha consentito di stringere rapporti con gli esponenti della finanza internazionale ma anche con quelli della Banca d’Italia.


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