Riforme, Napolitano accelera e convoca ministro e parlamentari
ROMA — Ricorre di nuovo alla strategia del pungolo, perché non si perda tempo sulle due emergenze che il Paese ha davanti: le riforme e il lavoro. Soprattutto sul primo fronte è convinto che adesso si apre forse l’ultima occasione per avviare un serio engineering costituzionale e per lui vale dunque l’avvertimento con cui ha tenuto a battesimo il governo: «Non ci sono alternative al successo». Per Giorgio Napolitano, insomma, questa maggioranza (per quanto forzatamente messa insieme e per quanto fragile appaia nei suoi primi passi) deve riuscir a combinare una volontà bipartisan e far maturare quella svolta che da troppi anni gli italiani si aspettano. Come base di partenza, da utilizzare anche solo in parte, c’è l’istruttoria compilata dal comitato di saggi insediato un paio di mesi fa. Certo, sta alle forze politiche scegliere con quali strumenti procedere: attraverso una convenzione dedicata in via esclusiva a tale tema, o con un comitato consultivo o con il classico percorso parlamentare. Ma l’importante — raccomanda — è cogliere l’attimo.
Ecco lo spirito con cui il capo dello Stato ha convocato ieri nel suo studio il ministro per le Riforme, Gaetano Quagliariello, insieme ai presidenti delle Commissioni Affari Costituzionali di Senato e Camera, Anna Finocchiaro, del Pd, e Francesco Paolo Sisto, del Pdl. L’incontro, secondo la laconica sintesi dello stesso Quirinale, «ha consentito di verificare la comune volontà di avviare senza indugio e di portare avanti un processo di puntuali modifiche costituzionali relative ad aspetti dell’ordinamento della Repubblica che richiedono di essere adeguati ad esigenze da tempo individuate di un più lineare ed efficace funzionamento dei poteri dello Stato».
Un giro d’orizzonte che si è concentrato sul metodo e sul merito, dal quale sarebbe emersa l’intenzione di fare del Parlamento «il motore» di quest’operazione, con il comitato dell’esecutivo impegnato a svolgere soltanto un lavoro ausiliario. Prende così corpo l’ipotesi che la cosiddetta Convenzione sia composta dalle due Commissioni Affari Costituzionali, che approverebbero un testo in sede redigente, mentre spetterebbe all’aula (in seduta comune) votare poi articolo per articolo, con l’impegno a non sottoporlo ad emendamenti. Oggetto delle riforme, che dovrebbero essere indicate in una risoluzione destinata al vaglio di Montecitorio e Palazzo Madama il prossimo 29 maggio, alcuni interventi sulla forma dello Stato e di governo. Compreso il superamento di quel rigido bicameralismo del quale la politica è ostaggio, ma esclusa la questione giustizia, perché troppo divisiva, al momento.
Chiaro che tutto ciò inevitabilmente s’incrocia con la riforma del sistema elettorale, che ha bisogno di «interventi immediati», in grado di metterlo in sicurezza prima del giudizio della Corte costituzionale. Napolitano, nel mini-vertice di ieri, ha preso atto (e a quanto pare appoggiato) della proposta di una legge-ponte per superare l’impasse attuale. Vale a dire un intervento correttivo, mirato a sanare le storture «più macroscopiche» del Porcellum, già segnalate dalla Cassazione, in maniera di evitare rischiose contrapposizioni tra l’itinerario della legge elettorale e delle altre riforme. Una sorta di clausola di salvaguardia condivisa dal presidente, il quale la ritiene utile anche a evitare che si torni a votare con l’attuale sistema, nel malaugurato caso che tutto precipiti e si debbano presto riaprire le urne.
Ma non si è limitato alle riforme, il pressing del capo dello Stato. Il lavoro è l’altra emergenza che ha segnalato alle forze di maggioranza, attraverso un messaggio in memoria del giuslavorista Massimo D’Antona, assassinato dalle Br 14 anni fa. Napolitano, sempre informato e sempre sensibile su questo fronte, ha parlato di «crisi angosciante e drammatica», che «impone alle istituzioni, alle forze sociali e alle imprese la messa in atto di efficaci soluzioni per rilanciare l’occupazione e lo sviluppo economico e sociale del Paese». E ha chiesto che, andando oltre gli annunci, si proceda al più presto a «rilanciare, nel quadro dei valori costituzionali, l’attenzione al ruolo centrale del mondo del lavoro».
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