Pd, è sfida a tre per la segreteria
ROMA — Tre carte per il Pd. Sabato i democratici potrebbero avere finalmente un segretario (sia pure reggente) che traghetti il partito al congresso in autunno. Dopo un estenuante tiro al piccione, in corsa sono rimasti Anna Finocchiaro, Roberto Speranza e Gianni Cuperlo, che resta «disponibile» a prendere su di sé la croce.
La senatrice è largamente favorita, nonostante un’altra giornata di puro caos in cui la presidente della commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama sembrava seppellita dai veti incrociati, essendo (tra l’altro) il nome meno gradito a Matteo Renzi. Il sindaco di Firenze ha visto faccia a faccia Bersani nella sede del partito e ha chiesto, in cambio del via libera a un ex ds, una sola contropartita: l’onorevole Luca Lotti alla guida dell’Organizzazione al posto del bersaniano Nico Stumpo che fu, durante le primarie, il nemico numero uno dello sfidante. «Non pongo veti e non mi metto di traverso. Sarò leale a Letta» è la linea che il sindaco ha spiegato ai suoi parlamentari, a pranzo in un ristorante di Roma.
Da Palazzo Chigi si guarda con attenzione all’ex segretario regionale lucano, scelto da Bersani per guidare il gruppone di Montecitorio. Speranza era il nome preferito anche da Renzi, ma la sentenza di condanna per Berlusconi ha convinto i maggiorenti del Pd a puntare su un profilo forte e autorevole. «Io? Mai stata in campo», smentisce Finocchiaro. Massimo D’Alema ieri mattina l’ha chiamata per incoraggiarla e la senatrice gli ha spiegato di essere incerta sul da farsi, anche perché Bersani non le ha mai chiesto di immolarsi per la «ditta». Nel pomeriggio, la svolta. A Palazzo Chigi si sono convinti che nelle prossime settimane il governo ballerà parecchio e si sono rassegnati a puntare su un nome pesante. «Se non troviamo un segretario forte finisce che facciamo un congresso sul governo, dove chi vuole vincere dirà che bisogna mandarlo a casa — ha ammonito Beppe Fioroni, mettendo a nudo il punto politico — E dove qualcuno potrebbe chiedere di decapitare Franceschini e Letta perché collusi con il nemico…». Una provocazione volutamente «hard», che l’ex ministro ha usato per convincere il fronte del premier ad ammorbidire la posizione, rinunciando all’idea di un «pupazzo» come leader. Letta non ha ritenuto opportuno partecipare al coordinamento, ma i democratici lo dipingono come «molto preoccupato» per quello che alcuni chiamano «effetto Veltroni»: il rischio cioè che un segretario dal profilo forte finisca, sia pure involontariamente, per terremotare il governo, come avvenne con Prodi nel 2008. Dario Franceschini puntava su Speranza, ma la condanna di Berlusconi ha cambiato il quadro. «Occorre un segretario già sabato, non vogliamo una conta ma una scelta politica» ha detto il ministro per i Rapporti con il Parlamento. Rosy Bindi vuole un leader che non faccia parte del vecchio gruppo dirigente e avverte: «Andiamo cauti, non si cambiano le regole per la convenienza di qualcuno». Dove il «qualcuno» che Bindi vuole stoppare è sempre Renzi, favorevole a modificare lo Statuto per separare la figura del segretario da quella del premier. Il leader verrebbe eletto dagli iscritti e il candidato a Palazzo Chigi dai cittadini, con le primarie. Maurizio Migliavacca, braccio destro di Bersani, si è detto contrario e sulla modifica sabato sarà battaglia.
L’anticipo a giugno del congresso è scongiurato. Dopo tre ore di dibattito, il coordinamento riunito al Nazareno con i segretari regionali ha trovato un accordo sul metodo. Con un faticoso compromesso, partorito dalla necessità di serrare i ranghi, i «big» accolgono la proposta di Bersani: una sorta di task force che, da qui a sabato, dovrà trovare un nome condiviso per traghettare il Pd fino al congresso. Il comitato di saggi, che guiderà l’assemblea, è composto dai vicepresidenti Marina Sereni e Ivan Scalfarotto, dal coordinatore dei segretari regionali Enzo Amendola, dal capogruppo in Europa David Sassoli e dai capigruppo, Speranza e Luigi Zanda. «Siamo in una situazione molto delicata, ci vuole responsabilità e compostezza» ha invocato Bersani. Nella confusione generale l’ex segretario sembrava ancora ieri a tanti l’ultima spiaggia per portare la caravella del Pd al congresso anticipato, da celebrarsi prima dell’estate. Poi, la tregua.
Monica Guerzoni
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