Pd, due carte «coperte» Per la segreteria duello tra Errani e Chiamparino

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ROMA — «Cuperlo-Epifani: corsa a due per il Pd», titolava l’Unità  di ieri. Ma non è tutto così semplice. Non ci sono solo due opzioni e le tensioni sotterranee sono rimaste tutte. Tant’è vero che all’inizio della settimana toccherà  al classico “caminetto” con i maggiorenti del Pd (inclusi, ovviamente, quelli rottamati, che però appaiono più in campo che mai) cercare di sbrogliare la matassa della segreteria.
In vista dell’assemblea nazionale, ogni dirigente e leader prova a fare le sue mosse. Il primo è stato il sindaco di Salerno e neo viceministro alle Infrastrutture Enzo De Luca. Oggi sul suo profilo Facebook pubblicherà  un documento. Un contributo alla discussione interna, ma anche una probabile ipoteca sulla futura leadership del Pd. De Luca infatti potrebbe decidere di candidarsi alla segreteria, non nell’assemblea dell’11, ma al congresso d’autunno. Nel suo manifesto, il sindaco propone di «smantellare le correnti», di ripartire «dai territori», valorizzando le esperienze degli amministratori locali. Ancora, De Luca invita il Pd a «darsi un’anima» liberandosi dall’idea di un «partito transitorio». Quella prospettata dal viceministro è una sorta di rivoluzione: «Dobbiamo cambiare tutto, nel programma, nel linguaggio, nello stile: dobbiamo liberarci della nostra presunzione di superiorità ».
Dunque il sindaco di Salerno è il primo a fare una mossa esplicita, dopo che Cuperlo ha fatto sapere di essere in campo ed Epifani ha iniziato la sua pseudo-campagna elettorale tra parlamentari e militanti. Ma non finisce qui. Formalmente Matteo Renzi ha fatto sapere di «non essere interessato alle beghe di partito»: «Mi voglio tenere alla larga, sto facendo il sindaco di Firenze a tempo pieno», è il ritornello del primo cittadino di Firenze. Il quale addirittura ha lasciato intendere attraverso i fedelissimi di non avere preclusioni nei confronti di Cuperlo che pure intende dare un’impronta fortemente socialdemocratica al Pd: «Non è una questione di nomi».
Renzi con i suoi non è stato molto più esplicito: «Il segretario non deve dividere ma unificare il partito e non deve essere il frutto dei soliti sponsor ma il prodotto di una negoziazione trasparente sulla linea politica». Anche se ufficialmente il primo cittadino del capoluogo toscano non vuole farsi tirare dentro le problematiche del partito, in realtà  sa benissimo che a lui occorre un segretario che non gli faccia la guerra, in vista delle primarie per il candidato premier, che, assicura più di un renziano, avverranno nel 2014 perché il governo non durerà  più di un anno. Del resto, l’impressione che questo esecutivo sia a tempo l’hanno data anche Massimo D’Alema e Walter Veltroni nelle interviste che hanno rilasciato al Corriere della Sera.
E a proposito di Veltroni, c’è chi dice che, al pari di D’Alema, anche l’ex segretario del Pd non sia rimasto con le mani in mano ma stia impegnandosi per il partito, perché teme un ritorno al passato, magari con una separazione consensuale tra ex diesse ed ex margheritini. Ed è proprio per scongiurare questa prospettiva che tra i veltroniani si sta facendo strada l’idea di candidare alla segreteria del partito Sergio Chiamparino. Ossia un esponente che viene dalla sinistra, ma che non farebbe certamente del Pd un partito socialista. Tra l’altro, e questo non è un particolare da poco, Chiamparino è in ottimi rapporti con il sindaco di Firenze, che aveva fatto il suo nome per la presidenza della Repubblica, quando Pier Luigi Bersani aveva proposto la candidatura dell’ex presidente del Senato Franco Marini. La segreteria Chiamparino per Renzi sarebbe la garanzia di avere un partito amico, che non lo ostacolerà  quando verrà  la corsa alla presidenza del Consiglio.
Si sa però che i bersaniani fanno resistenza di fronte a questa ipotesi. Del resto gli uomini della corrente dell’ex segretario non si spellano le mani nemmeno per Cuperlo. Ed è nel loro mondo che si è affacciata l’idea di un nome di mediazione che potrebbe andare bene anche al sindaco rottamatore, perché una cosa ormai è certa: non si fa il segretario contro il volere di Renzi. Il nome è quello di Vasco Errani, in buoni rapporti con il sindaco, con cui anche in questo periodo si è confrontato spesso e volentieri. Ma i renziani preferirebbero «un salto generazionale», e per questo motivo nelle trattative riservate che si sono già  aperte hanno lasciato discretamente cadere lì il nome del capogruppo Roberto Speranza.


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