by Sergio Segio | 20 Maggio 2013 7:44
ROMA — Il segretario del Pdl, Angelino Alfano, ha ben chiare quali sono le riforme non condivise che risultano irrealizzabili con questa maggioranza — intercettazioni e ius soli, solo per citarne due, evidenziate nella sua intervista al Corriere — ma sulla rotta delle «larghe intese» non mancano altri scogli affioranti sui quali l’intero governo rischia di incagliarsi. E ora emergono dall’agenda parlamentare anche una stretta disciplinare per i magistrati chiesta dal Pdl e il testo anticorruzione che porta la firma dell’ex procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, presidente del Senato.
A Palazzo Madama, dunque, oggi il Pdl torna alla carica con la calendarizzazione in commissione di un disegno di legge Palma che, tra l’altro, mira ad introdurre una fattispecie e una sanzione disciplinare ad hoc per i magistrati che partecipano in determinati contesti a iniziative politiche e a comizi di partito: un meccanismo, questo, che permetterebbe al procuratore generale della Cassazione o al ministro, titolari dell’azione disciplinare, di procedere d’ufficio.
Su un fronte altrettanto caldo, il presidente Grasso auspica che «diventi presto legge» il suo ddl anticorruzione che contiene norme altamente indigeste per il Pdl: pene più severe (comprese quelle accessorie) per la concussione, ripristino del reato di falso in bilancio, introduzione di quello di voto di scambio (416 ter) e di autoriciclaggio. In altre parole, il ddl Grasso (presentato quando lui era ancora un semplice senatore) ripesca i tre pezzi mancanti dal ddl Severino — cassati per mancanza di accordo tra Pd e Pdl — e sollecita anche la mano pesante contro i lobbisti: «Spero che si possa cogliere l’occasione anche per arrivare a un reato specifico per il traffico di influenze illecite nell’attività parlamentare», sostiene Grasso sulla scia di un servizio delle Iene su deputati e senatori che sarebbero «finanziati» da multinazionali. E, almeno su questo punto, Laura Ravetto (Pdl) dice di essere d’accordo con Grasso: «Serve subito un albo dei lobbisti».
Ma Pdl e Pd si muovono su un terreno molto scivoloso. «Ha ragione Alfano quando dice che ora sulla giustizia si possono realizzare solo le riforme condivise… Però vedo problemi all’orizzonte anche su altri temi rispetto ai quali, a parole, siamo tutti d’accordo, compreso il capo dello Stato». Così Nitto Francesco Palma, voluto da Silvio Berlusconi alla presidenza della commissione Giustizia del Senato, fa riferimento al suo testo sui profili disciplinari dei magistrati e sui quei comportamenti senza colpa che però possono portare il Csm ad attivare la procedura di trasferimento d’ufficio delle toghe: «Ecco, questo è il classico esempio di un problema da risolvere sul quale siamo tutti d’accordo, compresi Csm e consiglio di Stato, ma vedremo quale sarà la reazione del Pd alla richiesta di calendarizzazione».
Palma teme che anche su altri terreni si ripeta l’impasse vista negli ultimi anni sulle intercettazioni: «Siamo tutti d’accordo sull’allarme per la diffusione delle notizie relative alle intercettazioni ma poi sul come risolvere il problema ognuno va dalla sua parte. E lo stesso vale per lo ius soli e la cittadinanza che sta emergendo come tema altamente divisivo e quindi poco praticabile».
Il percorso della maggioranza, dunque, ha davanti a sé molti ostacoli. Il ministro Cécile Kyenge (Integrazione) per ora non ritiene utile commentare la linea di Alfano sull’impossibilità di varare riforme non condivise: sullo ius soli, è il ragionamento della ministra, non contano tanto le considerazioni di Alfano quanto quello che si deciderà in Consiglio dei ministri e in Parlamento.
Per il vicepresidente del Csm Michele Vietti, infine, sarebbero altre le urgenze: «Al Paese serve una politica giudiziaria, intervenendo soprattutto sui tempi della prescrizione, che manda in fumo 150mila processi l’anno. Ma sembra che questa maggioranza abbia altre priorità , e questo non è rassicurante nell’ottica dello sviluppo del Paese».
Dino Martirano
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