Nicolas Maduro aumenta il salario, arriva la legge per le otto ore di lavoro

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CARACAS. Busta paga più alta per i lavoratori venezuelani. Da oggi, il salario minimo passa da 2.047 bolivar a 2.457. A settembre e a novembre, due ulteriori rialzi di almeno il 10%, fino a un aumento complessivo del 35-45%. Nicolas Maduro, eletto presidente il 14 aprile, lo aveva annunciato in campagna elettorale, in continuità  con la politica attuata da Hugo Chà¡vez, suo predecessore. Il 7 maggio diventa operativa anche la Ley organica del trabajo para los tradajadores y las trabajadoras (Lott), approvata l’anno scorso: non oltre le 8 ore di lavoro quotidiane e non più di 40 a settimana, due giorni di riposo pagato e sanzioni pesanti alle imprese che non rispettano le leggi. 
Un’altra conquista importante dopo quella che ha reso retroattive le prestazioni sociali anche per coloro che non erano stati messi in regola e che ha consentito a tutti di avere una pensione parametrata sul salario minimo. Anche pensionati e pensionate, quindi, beneficeranno dell’aumento. Molte imprese private hanno fatto il diavolo a quattro, depositando ricorsi su ricorsi, ma si calcola che quasi 7 milioni di lavoratori, su un totale di 9 milioni, potranno usufruire della legge nella data prevista. Stanno per partire anche nuovi piani – sanitari e alimentari – speficicamente rivolti agli operai: Barrio adentro obrero, che riguarda la salute per lavoratori e familiari, Mercado obrero, che sveltisce e facilita l’accesso alle reti dei mercati alimentari a basso costo (Mercal) ai lavoratori di tutte le categorie. «Per costruire il socialismo abbiamo bisogno di una classe operaia cosciente e organizzata», ha detto Maduro invitando i lavoratori a scendere in piazza oggi. «Ci saremo anche noi», ha risposto il leader di opposizione Henrique Capriles Radonski comunicando in twitter appuntamenti e slogan per le proprie manifestazioni. 
E il clima resta incandescente. Il 14 aprile, a dispetto di tutte le previsioni, Maduro ha vinto con poco margine su Capriles, il governatore di Miranda sonoramente battuto da Hugo Chà¡vez il 7 ottobre. L’opposizione ha subito gridato alla frode e invitato la piazza allo scontro. Nove chavisti sono morti, sono state incendiate sedi del Partito socialista unito (Psuv), radio di movimento ed è iniziata la caccia ai medici cubani, accusati di nascondere le urne nei Centri diagnostici integrati. Nonostante il parere di tutti gli osservatori internazionali che hanno testimoniato la trasparenza del processo elettorale, Capriles ha chiesto di ricontare manualmente i voti: richiesta impossibile, perché la Costituzione venezuelana prevede il ricorso al voto elettronico e il riscontro manuale della maggioranza delle schede. Il Consiglio nazionale elettorale (Cne) sta comunque procedendo a un’ulteriore verifica dei conteggi, ma Capriles ha annunciato che in ogni caso impugnerà  il risultato. 
Una strategia destabilizzante preordinata, secondo il chavismo. In base a video e a intercettazioni che mostrano i legami dell’estrema destra con paramilitari e agenti internazionali, è stato arrestato un cittadino nordamericano e un ex generale venezuelano, leader del partito Voluntad popular. Numerose associazioni e reti sociali hanno presentato denunce contro i militanti più estremi della Mesa de la unidad democratica (Mud), accusandoli di aver istigato o promosso le violenze post elettorali. Per il 1 maggio, Maduro ha invitato i lavoratori a vigilare contro «la destra pinochettista» che oggi maschera meglio il suo discorso, ma conserva intatta la sua natura golpista. 
Una destra all’attacco, che il 14 aprile ha saputo attrarre una parte degli indecisi con un’accorta strategia, basata soprattutto sul mascheramento dei propri obiettivi di sempre (neoliberismo, privatizzazione e subalternità  ai grandi gruppi multinazionali). Ora continua sulla stessa strada, incalzando il chavismo sul suo stesso terreno, anche a costo di spararle grosse: un aumento salariale in tre tappe? Macché, ha affermato Capriles, noi lo daremmo in una sola volta e del 40%. E così per le case popolari, i programmi sociali, fino ai vituperati medici cubani ai quali, in campagna elettorale, ha promesso addirittura la cittadinanza venezuelana. Probabile che la Mud prepari la strada a un referendum revocatorio come fece con Chà¡vez nel 2004. Con un occhio a Washington e un altro a Madrid. Barack Obama domani va in Messico e in Costa Rica. La Spagna, che ha comunque riconosciuto il governo Maduro, si è detta disposta a «mediare nella crisi venezuelana». L’Europa – ha detto il ministro degli Esteri spagnolo Garcia Margallo – «deve avere una politica più attiva in America latina, altrimenti diventerà  irrilevante nel continente»


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