Nello scontro con la Russia i rischi di una crisi mondiale

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La prima mossa, una mossa che Emma Bonino ha garbatamente definito «non gloriosa», è toccata all’Unione europea. Divisa da tempo sull’opportunità  di fornire armi alla opposizione siriana, la Ue ha raggiunto un accordo che è un autentico capolavoro di ipocrisia. L’embargo non viene rinnovato, e così sulla carta ogni Paese potrà  fare come crede. Ma nel contempo viene stabilito che nessuno manderà  armi fino a nuovo avviso (nemmeno Londra e Parigi), e resta la richiesta di garanzie (quali?) capaci di impedire che le armi in questione cadano nelle mani dei gruppi qaedisti.
Un pasticcio per coprire il disaccordo con una sottilissima foglia di fico, ma ecco che il Cremlino, pur impegnato con gli Usa a organizzare una conferenza di pace, reagisce per le rime al nebuloso messaggio proveniente da Bruxelles. Il vice ministro degli Esteri Sergei Ryabkov critica duramente il passo europeo, (che il suo capo Lavrov da Parigi definisce «illegittimo») afferma che esso non facilita l’incontro di Ginevra, e soprattutto coglie l’occasione per riaffermare che la Russia fornirà  alle forze di Assad i micidiali missili anti-aerei S-300 per creare un «deterrente» contro interventi militari stranieri in Siria. Ryabkov, certamente autorizzato dai più alti livelli della gerarchia russa, ripete che si tratta di missili difensivi, e che dunque l’equilibrio delle forze non viene modificato come protesta l’Occidente.
Non si è ancora spenta l’eco delle dichiarazioni provenienti da Mosca che entra in campo il ministro della Difesa israeliano Moshe Yaalon. All’intelligence di Gerusalemme non risulta che gli S-300 di ultima generazione siano in viaggio verso la Siria, ma Yaalon avverte la Russia con estrema chiarezza: se il Cremlino dovesse dar corso ai propositi annunciati, «Israele saprà  cosa fare». Per capire il ministro non occorre molta fantasia. Pur tenendosi il più possibile alla larga dalla mattanza siriana, Israele ha da tempo tracciato la sua linea rossa: i militanti libanesi sciiti di Hezbollah (che risultano impegnati sul campo dalla parte di Assad) non devono mettere le mani su armi ad alta tecnologia siano esse iraniane o russe, perché potrebbero poi servirsene dal Libano contro lo Stato ebraico. Per questo già  due volte i cacciabombardieri israeliani hanno colpito missili moderni giunti in Siria. E non c’è motivo di credere — avverte Yaalon — che la linea di azione cambierebbe se arrivassero o fossero in cammino forniture di S-300 made in Russia. Con la implicita possibilità , taciuta dal ministro ma reale, che non siano soltanto scorte o tecnici siriani ad essere colpiti.
È su questo sfondo che dovrebbe prendere corpo la conferenza di pace di Ginevra sponsorizzata da Washington e Mosca. Il traguardo pare ancora lontano, se non altro perché la frammentata coalizione anti-Assad non ha ancora deciso se partecipare e resta una forte ambiguità  sul ruolo che toccherebbe al presidente siriano nel futuro prossimo. Ma quel che è peggio è che nell’attesa la Siria rischia di innescare, oltre a quella regionale che cresce ogni giorno, anche una crisi mondiale.


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