Modesta proposta per non finire in Cina

by Sergio Segio | 26 Maggio 2013 18:05

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L’Ilva è di fatto già  sottratta alla proprietà  dei Riva, e il passaggio all’amministrazione straordinaria è tenuto per inevitabile. Tutto ciò chiama in causa il governo, il quale può risparmiarsi di auspicare «di proseguire sulla strada intrapresa dell’Aia», all’indomani di un decreto della magistratura che dimostra che quella strada non è stata intrapresa. Al punto cui siamo, non è assurdo che la siderurgia venga trattata come se esistessero ancora due gruppi rivali, quando le proprietà  di ambedue sono travolte, e in Europa c’è un forte eccesso di produzione? Non è viceversa logico che Taranto, Genova, Piombino e le altre sedi siano guidate da una regia che ne armonizzi le vocazioni produttive e logistiche? L’Ilva a Taranto deve mirare a una produzione ridotta, ben al di sotto degli 8 milioni di tonnellate, combinata con una effettiva bonifica. Piombino lega il futuro a una mutazione che può sostituire il carbone col gas, o l’altoforno col forno elettrico. L’adeguamento del fondale del porto per lo smaltimento della Concordia, affidato al presidente della Toscana, può aprire la strada a una lavorazione tecnologicamente avanzata e complementare. (Si smantella ogni anno un migliaio di navi, dove costa meno e non si bada all’inquinamento: una decisione del parlamento europeo obbliga dallo scorso aprile a demolire in sicurezza e riciclare “pulito” in cantieri della Ue). Ci sono siti che vecchiezza di impianti e nocività  hanno condannato alla chiusura, come la Ferriera di Trieste, dove le dilazioni non fanno che eludere la conversione. Tutto questo vuol dire che occorre un piano siderurgico complessivo, e dunque un complessivo piano industriale. E un legame con un piano siderurgico europeo, senza di che le aziende e perfino le singole città  vanno in Europa a mendicare in ordine sparso. Il 5 giugno, data in cui è convocata l’assemblea dei soci Ilva, sarà  anche presentato il piano siderurgico della commissione europea: in realtà  ancora una cornice generica. A una ridistribuzione sensata si oppongono in molti, e specialmente la Germania, prima produttrice in Europa. L’Italia, che è finora la seconda, può avere un suo ruolo: ma dopo aver instaurato una ragionevolezza responsabile in casa, e prima che i suoi stabilimenti diventino altrettante Bagnoli, impianti esportati in qualche Cina, veleni restati sui suoli di loppa asfaltata.

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