Missili israeliani su Damasco E Assad ora giura vendetta

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GERUSALEMME — Pronuncia la parola «sicurezza» una sola volta in tutta la giornata, alla cerimonia per l’inaugurazione di uno svincolo autostradale attorno a Gerusalemme. È intitolato a suo padre Benzion ed è lui — proclama Benjamin Netanyahu — «ad avermi insegnato l’enorme responsabilità  che abbiamo di garantire la sicurezza a questa nazione». L’unica modifica all’agenda del premier israeliano è rinviare la partenza per la Cina di due ore. Come se non fosse successo nulla, come se nella notte tra sabato e domenica i jet non avessero colpito i depositi di munizioni alla periferia di Damasco, come se lo spazio aereo sopra Haifa e il nord del Paese non fosse stato chiuso ai voli civili, come se il regime di Assad non avesse minacciato la rappresaglia e puntato i missili verso Israele.
Senza dare nessuna conferma dell’attacco, Netanyahu si è portato a Pechino e Shanghai la moglie Sarah e i figli. Cinque giorni a Oriente per parlare di affari, lasciando quelli che riguardano la Siria nelle mani di Moshe Yaalon, il ministro della Difesa. Prima di salire sull’aereo ha riunito il consiglio sicurezza del governo, due ore e mezza di discussione per definire la strategia. Verso il confine a nord vengono dispiegate le batterie di difesa del sistema Iron Dome, per il resto il messaggio da far arrivare a Damasco sembra essere: non vogliamo un’escalation.
Di conflagrazione parla Faisal al Miqdad, viceministro degli Esteri siriano, alla Cnn: «Il bombardamento è una dichiarazione di guerra». Il governo di Damasco ripete la formula del complotto internazionale: accusa Israele «di sostenere i ribelli fondamentalisti, di appoggiare i gruppi terroristi legati ad Al Qaeda», protesta alle Nazioni Unite e denuncia «numerose vittime». Il capo della Lega Araba Nabil Al Araby chiede all’Onu di «agire immediatamente per fermare l’aggressione israeliana contro la Siria». E intanto l’ex magistrato svizzero Carla Del Ponte, membro della Commissione Onu sulla Siria, ha dichiarato alla Radio svizzera: «Abbiamo raccolto testimonianze sull’uso di armi chimiche, in particolare gas nervino, ma non da parte del governo bensì da parte dei ribelli».
Una fonte da Gerusalemme spiega alla France Presse che i nuovi raid hanno colpito un carico di missili iraniani destinato ad Hezbollah. Quei Fateh-110 con una gittata sopra ai 300 chilometri che Tsahal vuole impedire finiscano al gruppo sciita libanese, è la linea rossa fissata dal governo di Netanyahu. I miliziani di Hezbollah hanno combattuto contro Israele una guerra di 34 giorni nell’estate di 7 anni fa e potrebbero incaricarsi della risposta agli attacchi. Su mandato dell’Iran: «La resistenza reagirà  all’aggressione», proclama da Teheran il generale Masoud Jazayeri. Un altro ufficiale iraniano avverte: «Siamo pronti ad addestrare l’esercito siriano».
Le immagini girate con i telefonini e diffuse su Internet mostrano le esplosioni nella notte di Damasco, le colonne di fiamme si alzano sul monte Qasioun. I nuovi bombardamenti — il primo attacco è avvenuto tra giovedì e venerdì — avrebbero bersagliato un centro di ricerche dell’esercito a Jamraya (già  colpito a gennaio in un raid israeliano), un deposito di munizioni e unità  per la difesa anti-aerea. Testimoni da Damasco hanno detto al New York Times che sotto i missili è finita anche una caserma della Guardia Repubblicana, le truppe scelte comandate da Maher, fratello minore di Bashar Assad.
Davide Frattini


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