Marino vede il Campidoglio
A Roma il ballottaggio ci sarà , ma sarebbe stato strano altrimenti. Il risultato di Ignazio Marino ha però comunque lasciato a bocca aperta molti, a partire dallo stesso comitato elettorale, e la sfida a due con Alemanno sembra tutta in discesa, staccatissimi i 5 stelle e la promessa Marchini, a cui il candidato del centrosinistra ora si rivolge apertamente. Dal comitato però confermano quanto già detto da Marino: «Siamo primi nonostante il Pd». E chiamano «mostri», i dirigenti del Partito pronti a mettere il cappello sul risultato.
Marino l’aveva detto, diplomatico ma chiaro: «Mi sono ritrovato al centro di un partito disorientato e senza interlocutori. La leadership nazionale era polverizzata, quella romana dispersa e le elezioni erano a Roma». E poi ci sono le larghe intese: «Ero convinto mi avrebbero creato enormi problemi, ma così non è stato», ma solo perché «le preoccupazioni delle persone sono più gravi ancora». Aveva anche indicato un personale salvatore, Marino: «E’ stato Nicola Zingaretti – ha detto all’Espresso – a impersonare una sorta di vicario generale delle funzioni venute a mancare. Mi ha dato una mano su tutto, anche nelle cose più semplici, perfino sul modo di comporre una lista, il notaio, le firme».
E’ però proprio il Presidente della Regione Lazio Zingaretti a ribaltare la versione, quando ormai le proiezioni danno la coalizione di centrosinistra saldamente in testa. Ha fatto bene Marino a tenersi alla larga dal Pd, praticamente invisibile alle iniziative pubbliche? «Marino non si è tenuto alla larga dal Pd», dice Zingaretti. Perché, se «Marino ha portato il centrosinistra alla vittoria, intercettando la voglia di cambiamento», sia chiaro che «Marino è il candidato di una coalizione». E che di quella coalizione il Pd è il primo partito.
Anzi, «il Pd è il primo partito della città », s’appresta a notare Enrico Gasbarra, deputato e già¡ presidente della Provincia nonché eternamente candidato sindaco: «Il Pd è il primo partito ed ha sostenuto convintamente Marino». Sembra avverarsi presto, dunque, la profezia dei volontari del comitato che, appena dieci minuti prima dell’arrivo di Gasbarra, quando di volti noti ancora non se ne vedevano, e le proiezioni erano su campioni ancora troppo ristretti, dicevano: «vedrai che non passeranno neanche due ore e qui sarà pieno di mostri». E i «mostri», sono deputati e notabili del Pd locale, ritenuti colpevoli di farsi vedere «solo quando c’è da prendersi il merito». Quando si annuncia l’arrivo dei capogruppo Pd di Camera e Senato, Speranza e Zanda, un altro volontario maligna: «vengono solo adesso che intravedono la vittoria». Che poi, forse, è stato meglio così.
E’ infatti il primo partito della città , il Pd, è vero, ma il risultato su cui si assesta, oscillando per tutto il giorno nelle proiezioni tra il 24 e il 27%, è un risultato ben più contenuto di quello delle ultime regionali: prima delle recenti evoluzioni parlamentari, nel territorio del comune di Roma, il Pd raccoglieva il 32,28% dei consensi. E nel 2008, al precedente confronto comunale – ma è un’epoca fa – quando Rutelli perdeva rovinosamente, il Pd portava a casa il 34%. La non trascurabile differenza è piovuta quasi tutta sulla lista civica “Marino Sindaco” e sul partito di Nichi Vendola, Sel. Colpa delle larghe intese? In parte. Anche se, come dice Luciano Nobili, dirigente del Pd di area popolare, «questo è un risultato che possiamo difendere».
Da difendere è però intanto il risultato del primo turno. Perché Gianni Alemanno si rimbocca le maniche, rilancia («Il ballottaggio non è il secondo tempo della partita – avvisa – ma una partita completamente diversa») e coferma l’appuntamento al confronto tv ospitato da Ballarò. Marino si concentra invece sul programma e le cose da fare («Da domani mattina tornerò soprattutto nelle periferie») e prova ad imbarcare tutti: Alfio Marchini, «il cui risultato è da rispettare», ma soprattutto i 5 stelle, «Il movimento di Grillo – dice il candidato – durante la campagna elettorale ha sottolineato dei temi che anche noi abbiamo messo al centro con grande forza». Si fidino, dunque, che «quei temi li porteremo avanti, e spero che gli elettori 5 stelle sapranno apprezzare». Gli elettori forse sì, ma la risposta di De Vito per ora non lascia ben sperare: «voi vi appoggereste un partito che nel 2008 ha lasciato Roma con 12 miliardi di debiti, di cui sei di derivati?».
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