Marino, la prova capitale

by Sergio Segio | 25 Maggio 2013 7:12

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ROMA. «È il momento di far sentire in Campidoglio la voce della gente come voi, la voce di questa piazza, la voce di una città  pulita, onesta, che ha voglia di cambiare le cose». Ha aspettato le otto di sera Ignazio Marino per vedere San Giovanni riempirsi, come nelle migliori occasioni. Inutilmente. Perché anche se «non è politica», è pur sempre Roma. Che con lo sciopero dei trasporti e le nubi quasi autunnali che minacciano pioggia, si fa più svogliata. Ma i Dem non si scoraggiano: la città  come al solito è nel caos e la piazza è piena per metà , comunque più affollata di quelle occupate da Alemanno, Grillo o Marchini. Per il Pd «è stato importante tornare in questa piazza: è un fatto simbolico», spiega Guglielmo Epifani che arriva, parla con i giornalisti, testimonia della ritrovata unità  del partito attorno al candidato sindaco «di tutti», ma non sale sul palco. Alemanno rivendica, oggi, il primato dei numeri? «I conti li facciamo dopo, con i voti», si fa serio Epifani. E comunque «questa è una festa, non è un comizio di una forza politica ma un luogo d’incontro». Consolamose coll’aglietto, direbbero i romani.
«Daje San Giovanni» è il refrain che si alterna a «Marino sindaco» sui led che ritrasmettono le immagini del palco dove la festa comincia a metà  pomeriggio e dove si alternano fino a sera tanti big di qualità : dalle star del jazz Stefano Di Battista e Danilo Rea al premio Oscar Nicola Piovani, dai Velvet al Piotta, da Francesco Di Giacomo (voce storica della Banda del Mutuo Soccorso) a Grazia Di Michele. Dario Vergassola mostra l’ex senatore – «un po’ pirla» perché si è dimesso prima delle elezioni – nella rara versione ridanciana. E ne ha di che, perché di sicuro Marino ora è meno solo. Dopo il caos delle politiche e lo stallo del governo, «ora il partito si è rimesso in moto», come dice Epifani, perché se è vero che quello di domenica in quasi 700 comuni italiani «è un voto che riguarda solo l’8% del corpo elettorale» e dunque «non comporta conseguenze politiche», tanto più se il segretario “traghettatore” non crede nei sondaggi che ieri lo davano in ribasso di 5 punti percentuali e si dice «sicuro che arriveremo al ballottaggio dappertutto», è però anche vero che la partita che si gioca a Roma è centrale per i Dem. Lo spiega bene Nicola Zingaretti, che ha rinunciato alla corsa al Campidoglio per diventare governatore del Lazio. Lui sul palco ci sale: «Cambiare questa città  perché nessuno si senta più solo di fronte ai propri problemi», cambiare per evitare il «rischio assuefazione» dei romani ormai rassegnati al traffico impossibile, alle buche, alla sporcizia, ai cassonetti pieni, al provincialismo, al razzismo, al sessismo, alle mazzette, ai camerati nelle municipalizzate e agli squadristi in strada… «Non è vero che Roma è destinata al declino, al caos, ciò che è accaduto non è figlio della crisi internazionale», incita Zingaretti e il suo è un discorso da sindaco di una Capitale che «non può essere data in pasto alla cattiva politica».
È il tasto su cui preme di più Marino, ben consapevole che di dover riprendersi i voti dei grillini: «La politica non gode di buona fama negli ultimi tempi, ed è giusto che sia così». Quindi stop alle «spartizioni», agli «accordi tra i soliti noti», ai «debiti a carico dei cittadini», alla «parentopoli» e alla «corruzione». Onestà , merito, trasparenza, competenza, passione, condivisione e entusiasmo: attorno a questi concetti si muove il discorso di Marino. Ma nel suo «progetto per Roma il tema fondamentale è il lavoro». «Insieme a Grecia e Ungheria, l’Italia è uno dei tre paesi dell’Ue, su 27, che non prevede forme di sostegno al reddito», spiega chiudendo la serata. «Per questo, in accordo con la regione e con il presidente Zingaretti, utilizzando fondi europei, organizzeremo un bando annuale per diecimila giovani tra i 18 e i 29 anni». Le priorità  per Roma dunque «saranno il lavoro e la casa», dice. «Inizieremo con un buono lavoro per 10 mila giovani di 500 euro al mese e un buono casa per gli sfrattati di 700 euro al mese. Lavoreremo dunque per i più deboli», promette. Vuole «convincere gli incerti», Marino: «Siamo davanti a un’occasione irripetibile». Liberarsi di Alemanno.

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