by Sergio Segio | 4 Maggio 2013 6:48
Il romanziere ebbe da subito fretta di passare al tu, lo statista accettò ma a volte tornava al lei. Si scrissero in trent’anni, trent’anni straordinari che cambiarono la Germania, l’Europa e il mondo. E ora quel lungo carteggio tra due Nobel del dopoguerra tedesco esce in Germania per Steidl Verlag: Willy Brandt e Guenter Grass, der Briefwechsel, (pagg. 1281, euro 49,80). È un documento straordinario. In esso rivivono svolte e speranze, timori e drammi della sinistra europea e del mondo in cui viviamo. Con un fantasma, quasi un convitato di pietra postumo: la tarda adolescenza con l’uniforme delle Ss a fine guerra, quel passato che Grass, scrittore impegnato e progressista, non rivelò mai al suo idolo, il cancelliere della pace che invece combatté contro i nazisti nella guerra di Spagna e poi coi partigiani norvegesi.
Nel carteggio, di cui pubblichiamo un estratto in queste pagine, si ripercorre la storia della sinistra europea e dell’Europa tout court.
Scrive molte più lettere Grass con la sua penna infaticabile che non l’iperattivo uomo di Stato. Cominciano a capirsi e a piacersi quando lo scrittore lancia
la sua idea geniale: la “Iniziativa elettorale socialdemocratica”, il gruppo d’intellettuali impegnati nella campagna del 1969 che, un anno dopo la rivolta giovanile del Sessantotto, portò per la prima volta la Spd al potere a Bonn. Golo Mann, Marion Doenhoff, la fondatrice di Die Zeit, l’allora direttore di Der Spiegel Gà¼nter Gaus, sono tra i nomi di maggior spicco reclutati da Grass. Il quale, da una lettera all’altra, non si stanca di suggerire al «caro Willy» un’idea dopo l’altra. Lo invita ad aderire all’appello di Paolo VI per la pace nel mondo, ricordandogli la rivolta giovanile contro la guerra in Vietnam, e lo incoraggia a non cedere alle calunnie della destra. Calunnie brutte, quando il giornalista arciconservatore Hans Frederik descriveva Brandt volontario per la Repubblica spagnola come «un collaborazionista dei comunisti che uccideva soldati tedeschi».
L’inizio della battaglia è anche l’apice della storia dei due grandi fianco a fianco. L’apoteosi è raggiunta con la decisione di Willy Brandt di recarsi a Varsavia e firmare con la Polonia popolare e realsocialista di Wladyslaw Gomulka il trattato con cui la Germania riconosceva le nuove frontiere. È Grass il primo a pensare che la visita sarebbe un’occasione sprecata se mantenuta nei rigidi limiti del protocollo. Suggerisce che egli stesso e altri intellettuali siano nella delegazione, allude all’opportunità d’un grande gesto. Allusione che, come sappiamo, Brandt colse benissimo: a sorpresa, compì il gesto commovente dell’inchino al memoriale del Ghetto di Varsavia, assumendo sulle sue spalle di ex partigiano le colpe storiche del paese che guidava.
«Così come lei può vedere in me un sostenitore, pragmatico e a volte critico della Sua politica, allo stesso modo io ammiro Lei quasi come un Padre», scriveva Grass al cancelliere in cui egli — «con vergogna crescente», scrisse decenni più tardi in Sbucciando la cipolla, non avendo trovato il coraggio di confessare il suo errore
di gioventù — vedeva l’incarnazione d’una Germania diversa dall’ombra orrida del passato che non passa. Solo una volta Brandt gli disse di no: fu quando Grass con allusioni e offerte di collaborazioni gli chiese in modo implicito di diventare ministro. Brandt tornò subito al “lei” e gli offrì viaggi di lavoro per il Goethe Institut o simili missioni, ufficiali ma senza potere esecutivo.
Brandt fu poi il primo cancelliere tedesco a visitare Israele, e ci portò anche Grass, non prevedendo che mezzo secolo dopo lo scrittore si sarebbe di fatto schierato con la Repubblica islamica. E quando Brandt viveva malato i suoi ultimi mesi, trovò la forza di invitare il vecchio amico a essere meno critico verso il modo in cui Kohl gestiva la riunificazione. Lo ringraziò dei tanti libri che Grass gli inviava in regalo in ospedale e poi al suo capezzale domestico, ma là , in vestaglia, ricevette Kohl ogni volta che questi bussava a chiedergli consiglio. «Benvenuto, mio cancelliere, sono a sua disposizione»: così il “compagno Willy” accoglieva da patriota leale l’avversario politico arrivato al potere.
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“CARO WILLY, LOTTIAMO INSIEME
La prego di riflettere se non sia opportuno sostenere l’appello di Paolo
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